Con questo articolo Julio Gonzalez inizia la sua collaborazione con CoachingZone sul tema del Cross Cultural Management.

 

Paolo era un Product Manager che lavorava in una società multinazionale di beni di largo consumo. Aveva recentemente compiuto 32 anni e da 4  lavorava presso questa società. Era single. Il capo lo aveva chiamato nel suo ufficio per presentargli l‘opportunità di fare un’esperienza all’estero presso la loro consociata nel Nord Europa. Paolo sarebbe dovuto rimanere in quella unità da due a tre anni. La sua missione consisteva nell’aiutare ad organizzare il gruppo di marketing del nuovo ufficio nordico. Alla fine di questo periodo, e di un suo eventuale rientro in Italia, Paolo avrebbe potuto prendere una posizione più completa con uno scatto di carriera.

La posizione all’estero aveva una maggiore complessità, però dal punto di vista organizzativo non rappresentava un avanzamento. Paolo aveva sentimenti contrapposti nei confronti di questa offerta.

  • Da una parte l’idea di andare all’estero lo stimolava. Gli piaceva molto l’opportunità di andare presso quel nuovo ufficio dove molte cose si stavano ancora definendo. Risultava interessante per l’esposizione che avrebbe avuto in quel contesto.
  • Gli piaceva un po’ di meno l’dea di passare tre anni nel nord Europa. Gli sembravano troppi per questo tipo di lavoro. Si chiese se il gioco valesse veramente la candela. 

 

Il dilemma di Paolo è una situazione ricorrente tra le persone che devono decidere se investire o meno il loro tempo, sforzo e vita personale in un’offerta di lavoro in contesti e paesi diversi. I dubbi sull’incertezza del valore ed effettivo impatto dell’incarico sono molto comprensibili.

Per trovare le risposte però sarà necessario che l’interessato chiarisca a se stesso le proprie attese in termini di benefici e tempo per raggiungerli.  Il tutto dovrà essere chiarito considerando specificamente fino a che punto sarà disponibile ad investire la propria energia per arrivare al traguardo.

Meglio se con un buon percorso di coaching, anche interculturale. Infatti, può sembrare strano, però normalmente le persone non amano questo tipo di domande programmatiche.

Il primo elemento che assolutamente non deve mancare nella scelta finale consiste nel capire fino a che punto quella proposta è compatibile con il proprio piano professionale e personale. Se l’esperienza in oggetto non risponde a nessuna delle due, probabilmente non sarà la cosa giusta da perseguire. Spesso le persone che sono davanti a questo tipo di offerte tendono a pensare che gli impatti saranno quasi immediati. Frequentemente si focalizzano soprattutto sui fattori visibili quali il passaggio nella carriera, gli impatti economici e i benefici connessi all’espatrio (tipo di macchina, abitazione, scuole internazionali per i propri figli, ecc.). Tutti aspetti importanti, che devono essere considerati. Ma nonostante tutto, la decisione se cogliere l’opportunità o meno non può finire in una mera transazione commerciale.

Lavorare all’estero offre la possibilità di entrare in una sorta di laboratorio che metterà alla prova la propria flessibilità davanti a contesti, situazioni e persone nuove. C’è una sola certezza: l’esperienza sarà a 360 gradi, separando difficilmente gli aspetti professionali da quelli personali. Considerando solo per un momento la sfera professionale, la persona dovrà conquistare la fiducia di capi e colleghi, i quali si aspettano molto dalla persona neo arrivata, proprio per il fatto che è stata scelta per un espatrio. Pur facendo parte della stessa società le persone troveranno altre logiche operative, modalità diverse di prendere decisioni, di partecipare alle riunioni, di distribuzione degli uffici, ecc.

Nella dimensione esterna al lavoro, si dovrà spesso entrare in contatto con istituzioni e leggi nuove. Tutto ciò che fa parte della vita quotidiana avrà potenzialmente nuovi significati: dal clima, al traffico, al cibo, alle abitudini e costumi, ai rapporti con le banche, al pagamento delle utenze, al rapporto con altre aziende.

Tutti quelli elencati sono i punti che il coach toccherà, per aiutare il manager a decidere!

Una delle domande che i candidati a diventare espatriati si fanno spesso è se lo step di carriera promesso oppure ipotetico sarà garantito durante o subito dopo l’espatrio. Ogni situazione ovviamente sarà diversa. In alcuni casi l’espatrio rappresenta una crescita. In altri casi la posizione implica principalmente una maggiore complessità senza portare ad un salto gerarchico. In termini generali, risulta sempre difficile assicurare quale sarà lo scenario dopo un espatrio. Le condizioni di business e le aziende sono sistemi di crescente complessità. I migliori piani di carriera possono essere messi in difficoltà al di là di tutte le pianificazioni.

Una buona pratica è approcciare l’espatrio con mentalità aperta (se appunto risulta compatibile con gli interessi personali e professionali), cercando di valorizzare quale sarà il potenziale di apprendimento che l’esperienza potrà offrire. Nel fare questa analisi è necessario non limitarsi solo ad aspetti quali le skills e conoscenze in generale che si potranno imparare. La ricchezza di un espatrio dipenderà soprattutto dalla capacità di assorbire al meglio contesti e le esperienze. Le skills, spesso, si imparano anche durante i corsi… L’esperienza all’estero è unica.

 

Paolo decise di accettare la proposta e partì per il Nord Europa. Fu un anno intenso, con obiettivi raggiunti non senza  piccoli problemi di adattamento. Dopo un anno fu trasferito presso gli enti centrali europei, dove per due anni ha avuto la possibilità di avere un’esposizione maggiore: altro Paese, altro contesto, altri colleghi. Questa esperienza inattesa gli è sembrata unica.

Il ritorno a casa è avvenuto dopo tre anni. Le persone che gli avevano proposto il primo espatrio non lavoravano più nella stessa azienda, e quindi si è trovato in parte a dover incominciare da capo, perché il contesto era cambiato anche a casa. Paolo non si buttò giù e cercò di capire come poter usare bene in questa nuova situazione la sua esperienza estera. Decise di rivedere il proprio piano di sviluppo professionale: era diventato un maestro nella gestione del cambiamento.

Di Julio Gonzalez

Educato in Messico, Canada e Stati Uniti, vive in Italia da più di trent’anni. Manager internazionale, ha gestito direttamente, in diversi ruoli nelle Direzioni Risorse Umane dove ha lavorato, progetti di integrazione di aziende e culture diverse in Italia, Europa, Americhe, Asia e Oceania.