Quante volte, nei contesti lavorativi ma anche nella sfera privata, incontriamo persone che pretendono di avere sempre ragione? E quante volte – siamo sinceri! – lo facciamo anche noi?

Ancora una volta le neuroscienze ci vengono in aiuto nel far luce sui nostri comportamenti: avere ragione ci fa sentire bene ed è gratificante. In laboratorio, con la risonanza magnetica funzionale, si osserva molto chiaramente che in questi casi nel nostro cervello si attiva lo striato ventrale, un sistema di neuroni coinvolto nell’elaborazione delle sensazioni di piacere (quando mangiamo del buon cibo, quando vinciamo alla roulette, quando siamo riconosciuti socialmente ecc.).

Al contrario, rendersi conto di aver sbagliato è doloroso ed angosciante, infatti si attivano regioni cerebrali associate all’elaborazione del dolore e delle emozioni negative.

 

Per questa ragione anche i manager più competenti e capaci tendono a non ricercare le informazioni che possono generare il dubbio di avere torto e persino ad ignorare quelle che smentiscono le proprie idee, anche quando queste ultime sono evidentemente errate. In questi casi essi formulano giudizi e prendono decisioni in base a ciò che sembra corretto, anche se potrebbe derivare da informazioni irrilevanti o errate. Tendono a fidarsi di chi è simile, e delle informazioni che questi forniscono.

Nei coaching ai manager è fondamentale aumentare la consapevolezza di queste dinamiche, facendo comprendere che l’intelligenza non tutela, non rende le persone meno soggette ad esse.

Il dirigente brillante ed esperto può cadere in errore proprio come il neoassunto e forse ancora di più! E’ importante essere tanto chiari quanto sereni: i cosiddetti errori cognitivi sono del tutto naturali ed è normale non esserne consapevoli.

 

Qualche esempio di errore cognitivo?

  • Quando percepiamo più favorevolmente chi è più simile a noi o fa parte del nostro team rispetto a chi è più lontano o diverso.
  • Quando prendiamo decisioni sulla base dell’informazione più accessibile, non tenendo in considerazione altre fonti potenzialmente rilevanti (la cultura dell’urgenza tipica delle aziende di certo non aiuta!). Il nostro cervello in questo senso è ecologico perché ricerca (a costo di farci prendere qualche cantonata) la via più semplice e meno dispendiosa in termini energetici.
  • Quando privilegiamo troppo i risultati a breve termine (anche in questo caso la cultura aziendale attuale pare andare nella direzione sbagliata).
  • Quando sovrastimiamo il fatto che gli altri (ad es. i collaboratori) siano d’accordo con le nostre idee o comunque la pensino come noi.
  • Quando ci facciamo influenzare troppo dalle informazioni negative.

Senza titolo

E’ possibile aiutare i leader a mettere in atto modalità che portino ad una riduzione degli errori cognitivi. In primo luogo rendendoli consapevoli di quanto sopra, e del fatto che intelligenza, capacità ed esperienza non tutelano da questi errori. In secondo luogo aiutandoli ad adottare misure preventive, cioè procedure logiche di ragionamento o di azione che possano fungere da antidoto.

Infine ecco alcuni esempi dei tanti possibili antidoti, che lasciamo alla creatività ed all’esperienza dei coach:

  • Analizzare la logica di una decisione provando a trovarne i potenziali difetti (va sottolineato al coachee che trovare i propri errori nei ragionamenti è un punto di forza).
  • Coinvolgere nella decisione altre persone sollecitando opinioni diverse e facendo in modo che questa pratica diventi prassi, senza dimenticare le periferie dell’organizzazione dove spesso si possono trovare le informazioni più rilevanti.
  • Stabilire, ove possibile, una pausa prima della presa definitiva di una decisione importante (rivedere le idee dopo una pausa per valutarle nuovamente con occhi più freschi può essere risolutivo).
  • Immaginare di prendere una decisione per altri oppure che una decisione è già stata presa nel passato e che la si sta osservando dal futuro in maniera più oggettiva e più distanziata nel tempo.
  • Incoraggiare i processi che premiano l’impegno cognitivo anziché l’intuizione e l’istinto, e che spingono alla ricerca di prospettive più oggettive e inclusive del punto di vista altrui.

 

 

Per approfondimenti sul tema consiglio la lettura dell’articolo di M.D. Lieberman, D. Rock, H. G. Halvorson e C. Cox <Breaking Bias Updated>: the SEEDS Model>  del prestigioso Neuroleadership Journal.

Di Attilio Leoni

Opera attualmente come manager in ambito commerciale presso l'Azienda Trasporti Milanesi Spa dopo aver maturato una lunga esperienza come responsabile della formazione e più di recente nelle Operations. In precedenza è stato responsabile della selezione e dello sviluppo, si è occupato di gestione del personale e di comunicazione interna. Ha curato nel 2015 con M.E. Salati la pubblicazione del libro "Neuroscienze e Management" e nel 2021 del libro "Neuroscienze e sviluppo (del) personale", scrive inoltre articoli di management su periodici e siti online. In collaborazione con l'Istituto Francese di Archeologia Orientale del Cairo e con l'Università Statale di Milano ha svolto attività di archeologo e papirologo.