Optare per uno sviluppo professionale in una grande azienda, in un contesto di minore complessità, nel mondo della scuola, dello sport, del volontariato? Non è semplice capire per che cosa si è portati, quali sono le capacità che si hanno, qual è il percorso di sviluppo che fa per noi, quanti sforzi siamo disposti a compiere in vista di un obiettivo. Non si hanno informazioni complete, non è chiaro se gli obiettivi sono realistici, è difficile confrontare le alternative, è ancora più difficile confrontarle con le proprie caratteristiche personali.

Si ha la sensazione di mancare tanto della meta quanto della mappa, di non riuscire a scorgere il sentiero o di vederne troppi, come una città medievale vista dall’alto con i suoi tetti e il suo dedalo di strade attorcigliate.

Il coach di orientamento in genere lavora su due dimensioni:

  • l’identificazione delle caratteristiche della persona, che costituiscono le sue risorse;
  • le sue aspirazioni a medio termine, per esempio a 3 o 5 anni, che possono essere qui considerate come una stazione di arrivo; 
  • aiutando la persona a capire se i due termini sono compatibili, cioè se ha/avrà le risorse per arrivare dove pensa, o se conviene riformulare le aspirazioni, oppure se ci sono altre risorse che occorre mettere in campo.

Un esempio: il ragazzo che aspira a lavorare in una Ong in un Paese in via di sviluppo (qui per noi la stazione di arrivo) e inizialmente si pone il problema chiedendosi se studiare Scienze Naturali o Economia.

Il coach non parte dalle due Facoltà. Ma compila con lui l’elenco delle competenze necessarie per contribuire allo sviluppo in un posto disagiato abitato da persone che sicuramente non parlano italiano, con colleghi internazionali. Emerge che sono valide sia competenze di Economia sia di area naturalistica, che si aggiungono alla padronanza dell’inglese e alla disponibilità ad imparare una lingua locale, ad adattarsi a condizioni di vita e a ritmi e valori differenti da quelli abituali, ad affrontare solitudine emotiva e disagi fisici.

Poi si misura insieme che cosa manca, realizzando un elenco di punti da migliorare, che -tanto per fare un esempio- potrebbe essere: Economia, Analisi Risorse Naturali, lingua inglese, difficoltà di apprendere velocemente una nuova lingua, difficoltà a gestire la solitudine.

A questo punto due ipotesi: se ci sono la voglia, il tempo, i mezzi (anche economici) per colmare il divario, si fa un piano concreto; fatto di studi, lavori e lavoretti, libri, viaggi, approfondimenti, esercizi vari, dove la la scelta dell’Università è solo uno dei molti elementi. Oppure si prende atto che la distanza fra situazione attuale e stazione di arrivo è troppo grande, e si ridefinisce l’obiettivo.

Un percorso di questo tipo richiede due o tre incontri. L’approccio è normalmente maieutico, e il giovane sarà guidato a procurarsi le informazioni che gli mancano. Spesso viene completato da test e altri strumenti di identificazione delle capacità e delle potenzialità.

Prova questo test! è basato sulle categorie Junghiane

MBTI