Comincio con qualche domanda, per quelli di voi che hanno superato i 45 anni:

  • Frequentate qualche corso?
  • Avete imparato qualcosa di nuovo nell’ultimo mese?
  • C’è un collega o un amico che vi fa da mentore?
  • Fate regolarmente attività fisica? (sedersi e alzarsi da tavola e dalla scrivania non conta…)
  • Vi dedicate a giochini come sudoku, parole crociate, sciarade?
  • Leggete almeno una decina di libri all’anno?
  • Avete un coach, o qualcuno che vi stimola a migliorarvi e porvi obiettivi?
  • Abbandonate la vostra comfort zone di quando in quando? (per esempio facendo un viaggio senza appoggio di agenzie turistiche)
  • Con gli amici, fate discussioni stimolanti che vi obbligano a controbattere e studiare una strategia di risposta? (non importa l’argomento, va bene tutto, dal calcio alla politica passando per l’educazione dei figli)

 

Se avete risposto sì almeno 5 volte, complimenti. E ora vi spiego perché.

Possiamo evitare di cadere in pregiudizi e stereotipi o peggio in una avvilente rassegnazione rispetto all’inesorabile trascorrere del tempo:

 

  • Siamo cresciuti leggendo sui libri di scuola che l’essere umano nasce con un certo numero di neuroni (molto elevato) nel cervello, che poi progressivamente muoiono senza essere sostituiti. L’invecchiamento cerebrale era quindi visto come un lento ma inesorabile declino. SBAGLIATO! La ricerca più recente ci porta la notizia che in una parte del cervello chiamata ippocampo nascono nuovi neuroni e, fatto straordinariamente stimolante, il ritmo al quale i nuovi neuroni compaiono può essere influenzato dalle nostre attività cognitive o, in altri termini, dal mantenimento in esercizio del nostro cervello. E’ inoltre provato che i livelli di sostanze chimiche che stimolano la generazione di nuovi neuroni  si incrementano anche grazie all’esercizio fisico. Incredibilmente, il mens sana in corpore sano del poeta romano Giovenale trova ulteriori prove scientifiche a distanza di quasi duemila anni.

 

  • Che vi sia comunque un invecchiamento cerebrale è indubbio: sia il peso sia il volume del nostro cervello diminuiscono del 2% circa ogni dieci anni di vita adulta, le connessioni tra neuroni diminuiscono, il flusso sanguigno al cervello diviene via via meno abbondante e quindi l’apporto di ossigeno – vera e propria benzina anche per il cervello – meno generoso. Cala conseguentemente la capacità di concentrarsi, l’attenzione selettiva, la capacità di apprendere. Eppure, nonostante questo documentato declino neurologico e cognitivo, è molto comune notare persone anziane che si comportano in modo molto competente in situazioni professionali e nella vita quotidiana: hanno responsabilità di altissimo livello o comunque raggiungono risultati molto significativi nei più svariati campi artistici, scientifici, manageriali ecc. Sembra un paradosso, dal momento che competenza e saggezza non sono fenomeni extracranici! La buona notizia è dunque che, anche nella vecchiaia, è possibile una vita mentale vigorosa.

 

  • La terza buona notizia è che da qualche tempo, per la prima volta nella storia della scienza, è possibile osservare il cervello umano di persone viventi impegnate in attività mentali grazie a strumenti quali la FRM (risonanza magnetica nucleare funzionale), la PET (tomografia a emissione di positroni), la MEG (magnetoencefalografia) e altri. Nell’ultimo decennio questo ha consentito, tra l’altro, di accumulare numerose prove che una attività mentale energica rimodella il cervello aiutando a proteggerlo dal decadimento biologico. Sconvolgente il fenomeno osservato da alcuni neuroscienziati tra le suore delle School Sisters of Notre Dame del Minnesota, celebri per la loro longevità e soprattutto per la lucidità mentale sino a tarda età. Le autopsie effettuate sul cervello di alcune di queste suore mostravano chiari segni della malattia di Alzheimer, eppure esse non avevano mai dato segni di declino mentale. Il cervello era stato colpito dalla malattia, ma la mente no. Spiegazione: con l’esercizio e l’esperienza, il cervello ha bisogno di minori risorse per svolgere i compiti cui è abituato, per cui può fronteggiare le aggressioni di malattie e comunque la riduzione del flusso sanguigno per depositi di colesterolo o detriti di altro genere lungo le pareti dei vasi sanguigni.

 

Ergo: le persone che rimangono mentalmente attive per la maggior parte della loro vita sono premiate con una resistenza aggiuntiva agli effetti dell’invecchiamento.

Unica condizione: non farsi cullare dal nostro pilota automatico mentale. Dobbiamo invece sottoporre la nostra mente a continue sfide, indipendentemente dall’età!

 

Riprendiamo le domande iniziali, e facciamo del self-coaching: è un elenco di stimoli a uscire dal quotidiano, a tenersi in forma. Possiamo darci come obiettivo di aggiungerne un paio prima della fine dell’anno.

 

Inoltre le aziende italiane, fatta salva qualche lodevole eccezione, stentano ancora ad affrontare l’importante tema dell’invecchiamento dei lavoratori, nonostante la Legge Fornero i cui effetti sono già oggi visibili e misurabili. Per cui la responsabilità di mantenerci elastici mentalmente ricade su noi individui.

 

 

Per chi volesse approfondire questi affascinanti temi, consiglio la lettura del libro di Elkhonon Goldberg <Il paradosso della saggezza>, cui molte mie riflessioni si ispirano.

Di Attilio Leoni

Opera attualmente come manager in ambito commerciale presso l'Azienda Trasporti Milanesi Spa dopo aver maturato una lunga esperienza come responsabile della formazione e più di recente nelle Operations. In precedenza è stato responsabile della selezione e dello sviluppo, si è occupato di gestione del personale e di comunicazione interna. Ha curato nel 2015 con M.E. Salati la pubblicazione del libro "Neuroscienze e Management" e nel 2021 del libro "Neuroscienze e sviluppo (del) personale", scrive inoltre articoli di management su periodici e siti online. In collaborazione con l'Istituto Francese di Archeologia Orientale del Cairo e con l'Università Statale di Milano ha svolto attività di archeologo e papirologo.