Dove l’etica e i valori possono frenare l’innovazione gestionale, dove la formazione fatica a convincere: lì il coaching e il mentoring potrebbero riuscire ad attivare il cambiamento necessario.

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  • Motivare le persone che lavorano, spingerle a dare il meglio.
  • Gestire la frustrazione delle parti ripetitive o sgradevoli.
  • Trovare nuovi sbocchi per le proprie capacità, e nuovi servizi da affiancare a quelli già erogati.
  • Far quadrare i conti e bilanciare strategicamente attività con margini differenti.
  • Capire quando è più utile lavorare da soli, e quando vale la pena di allearsi o mettersi in rete con altre organizzazioni simili

Sono fra le normali  skill che si richiedono nelle organizzazioni. Skill che è normale  sviluppare con la pratica, con la formazione, con il reclutamento di specialisti, con il coaching.

Ma in molte aree del Terzo Settore per queste cose c’è un po’ di diffidenza, la sensazione che siano superflue o meccanicistiche. Lì dove la spinta etica è sentita, dove il fondatore esprime carisma, dove è un valore essere di supporto ai più fragili, dove ci si conosce tutti da sempre, dove ci si rispetta prima di tutto come persone:

  • dover motivare le persone non sembra normale o necessario, in quanto si parte dal presupposto che la spinta valoriale sia sufficiente
  • cercare attivamente nuovi sbocchi può apparire un ruolo commerciale svilente, finalizzato al profitto e non agli ideali
  • un corso di formazione impostato da uno dei tanti enti appare appartenere a un altro mondo, dove si misurano i numeri e non la qualità
  • trovare nuovi servizi da erogare può apparire inutile, se si pensa che si stia già lavorando bene
  • il riferimento a se stessi, alle proprie competenze e ai consueti assistiti appare espressione di positivo radicamento nel territorio
  • apprendere a bilanciare le attività guardando ai loro margini e non al loro valore per la collettività, può sembrare roba da for-profit

Questo solo per fare alcuni esempi.

In altre parole, non sembra facile dotare un ente del Terzo Settore di tecniche e modalità manageriali nel rispetto e nella valorizzazione della cultura e dei principi etici dell’ente stesso. Eppure queste organizzazioni iniziano ad averne bisogno, un po’ perché molte hanno dimensioni importanti, un po’ perché si collocano in contesti articolati.

Un passo indietro.

Codice del Terzo Settore

Nel 2017 il Codice del Terzo Settore ha riformato la legislazione italiana sulle attività degli enti no profit, definendo requisiti per l’acquisizione della qualifica di Ente del Terzo Settore -ETS, come l’assenza di scopo di lucro e lo svolgimento di attività di interesse generale.

Il Terzo Settore sta diventando sempre più centrale nell’economia italiana, impiegando fra i 4 e i 5 milioni di volontari -di cui molti part-time- e soprattutto poco meno di 1 milione di dipendenti (su un totale di 24 milioni, dati ISTAT)

Ha un ruolo cruciale nell’erogazione di servizi sociali e nella promozione della solidarietà, riempiendo i buchi della maglia tessuta dalle istituzioni pubbliche: dall’assistenza agli anziani e alle persone non autosufficienti, alla gestione degli asili-nido e dei dopo-scuola, al recupero di chi ha abusato di sostanze o è stato in carcere, all’integrazione degli immigrati, e simili.

Molto probabilmente ognuno di noi è entrato almeno una volta in contatto come fruitore con una realtà di questo tipo. Chi ha avuto esperienza di volontariato ne ha sperimentato la valenza di strumento per la coesione sociale, di gioia del donare e dell’aiutare.

Le sfide odierne del Terzo Settore

La crescente centralità, la maggiore numerosità e capillarità, la competizione interna, la necessità di adattarsi a un contesto economico in evoluzione, l’esigenza di rispondere a bisogni sociali sempre più complessi e consapevoli: ecco le sfide che il Terzo Settore affronta oggi.

Sfide che però richiedono di assomigliare almeno un po’ al for profit, dal punto di vista gestionale.

  • Perché facendo rete posso cogliere molte più opportunità di offrire servizio, ma questo richiede una mentalità che travalica il riferimento al territorio o alla specializzazione o alla propria unicità
  • Perché sarebbe bello attirare nel proprio organico le persone brillanti, in competizione con i soldi del for profit o con la sicurezza dello Stato. Ma occorre saperlo fare, disegnando ruoli interessanti e opportunità di sviluppo
  • Perché un buon controllo di gestione rende consapevoli di quando un progetto o un settore sono in perdita, e aiuta a decidere se continuare o smettere o riconfigurarlo
  • Perché ruoli disegnati in modo da definire bene le responsabilità aiutano a contenere i conflitti e favorire l’empowerment. Ma a volte farlo si scontra con la storia dell’organizzazione e con i legami fra le persone.

Qui possono entrare in gioco il coaching e il mentoring

Perché rispetto all’aula di formazione o al manuale  sanno tararsi sulla specifica esigenza, sul singolo individuo.

Entrambi sono nati per essere individuali e centrati sul risultato, nel rispetto della storia precedente ma anche prescindendo da questa.

Un coach che abbia come unico presupposto l’obiettivo e i vincoli del coachee può riuscire più facilmente a favorire l’adozione di quei pezzi di modalità manageriale che aiutano un ETS a migliorarsi

Un mentor con la sua esperienza maturata sul campo potrà riuscire più facilmente di un formatore a trasferire competenze che vengono dai contesti for profit, o da altri ETS, magari internazionali, che si sono già dotati di metodologie gestionali efficaci.

Gratuità di servizi di mentoring e coaching

Vi sono fondazioni ed enti che propongono gratuitamente questo servizio a ETS e ODV, erogandolo con manager e professionisti volontari di provata capacità ed esperienza, unita alla conoscenza dello specifico del Terzo Settore.

Cito come esempio Fondazione Sodalitas con la quale io stessa opero come volontaria, ma non siamo certo i soli!

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Di Cristina Volpi

Coach accreditata ICF e EMCC, Founder del magazine CoachingZone, Master di II livello in coaching e comunicazione Strategica. Ha operato per imprese multinazionali e familiari e not-for-profit, in Italia e in svariati paesi Europei, in USA, in Brasile, in India, lavorando con Pirelli, Studio Ambrosetti, Butera & Partners e come libera professionista; attualmente è volontaria con Sodalitas. Ha pubblicato “Leader, storie vere ed inventate di imperatori, manager e capi” Ed. Il Fenicottero; “C’era una volta il capo” Ed. Fendac; “Bilanci e Veleni” e “Banditi in Azienda” Ed. Guerini; “Sconcerto Globale” con Favero, Ziarelli Ed. Apogeo; “No Smoking Company” con Favero, Ziarelli, Ruggeri, Ed. Kowalski.