Parliamo di una competenza essenziale nell’attuale contesto socio-economico e culturale.
Siamo quotidianamente bombardati da una miriade di informazioni: alcune valide e basate su evidenze, altre decisamente false o solo parzialmente corrette. È quindi quanto mai necessario imparare a esercitare un sano pensiero critico, per apprendere dall’esperienza, guidare il cambiamento in modo intenzionale e agire con consapevolezza.
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Angela non ci poteva credere. Eppure il filmato che la sua amica Marisa le aveva mandato sembrava inequivocabile. Esso mostrava il professor Silvio Garattini, presidente dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, collegato da quello che sembrava l’atrio di una sala per congressi, mentre annunciava una rivoluzionaria scoperta nel trattamento dell’artrite.
Intervistato da una giornalista, Garattini così affermava: «… Non siate ingenui! Se davvero volete liberarvi dei dolori articolari, ascoltate attentamente. Le persone che soffrono di dolori articolari potrebbero non credermi, ma vi insegnerò un metodo. Se non vi piace, è una vostra scelta. Dopo tutto, siete voi a soffrire di dolori articolari, non io…».
Era innegabile… ascoltando la voce del professore e osservando l’articolazione della sua bocca, erano proprio quelle le parole che lui aveva pronunciato nel filmato.
In sostanza, la notizia era che Silvio Garattini aveva messo a punto un trattamento in grado di rinnovare il liquido sinoviale delle articolazioni, eliminando completamente il dolore e la rigidità. Stando al filmato, il nuovo prodotto stava battendo i record di vendita e già 100 mila clienti si erano dichiarati soddisfatti.
La stessa Marisa aveva accompagnato il filmato con un suo commento nel quale oltre a dare corpo al contenuto, affermava di avere già fatto la prima ordinazione utilizzando il link che era evidenziato nel filmato stesso.
Dopo averlo analizzato con attenzione, i primi dubbi sulla sua autenticità cominciarono a sorgere nella mente di Angela.
- Ad esempio era più che convinta che il Professore non si sarebbe mai prestato a spot pubblicitari per reclamizzare un prodotto.
- Inoltre, le parole da lui pronunciate non le sembravano aderenti alla sua abituale modalità di espressione.
- Per di più un link inserito nel filmato allo scopo di saperne di più, rimandava a una pagina in rumeno che pubblicizzava una ricetta di un cocktail purificante.
Questi primi elementi avevano convinto Angela che le sue non potevano essere semplici congetture o interpretazioni personali. A questo proposito, confidò le sue perplessità alla sorella che in quei giorni era in visita presso di lei, la quale avvalorò i suoi sospetti.
Fece anche una telefonata all’Istituto per verificare la veridicità del messaggio ricevendone una netta smentita. Cosa che venne ribadita nell’immediato da una comunicazione ufficiale emessa dallo stesso Istituto: «Stanno circolando in rete (su siti web e social network) video e contenuti falsi che fanno riferimento a presunti rimedi contro problemi articolari, ipertensione e altri disturbi, sfruttando l’immagine del Presidente Silvio Garattini e del Direttore Giuseppe Remuzzi. Si tratta di contenuti falsi e diffamatori».
Fake news
Il filmato era quindi ascrivibile nella categoria delle fake news, o meglio in quella delle deep fake, vale a dire contenuti audiovisivi manipolati attraverso algoritmi avanzati di Intelligenza Artificiale (IA). Utilizzando questa tecnologia si possono infatti creare video o audio in cui le persone sembrano dire o fare cose mai avvenute nella realtà.
Riflettendo sul perché esso fosse stato fatto circolare, era giunta alla conclusione che avesse lo scopo di manipolare l’opinione pubblica per fini specifici: dalla vendita di prodotti fino alla diffamazione nei confronti di persone/istituzioni. Senza contare anche l’esistenza di situazioni in cui l’unico scopo era generare traffico online, sfruttando titoli sensazionalistici per attrarre clic e ottenere profitti pubblicitari.
L’essenza del pensiero critico
Le venne quindi di pensare a Marisa, che nel giudicare il contenuto del filmato si era probabilmente affidata al solo pensiero immediato, emotivo, di tipo passivo, senza alcun approfondimento ulteriore. In altre parole era caduta nell’inganno delle percezioni.
Angela si era invece comportata diversamente. Era andata oltre, utilizzando un pensiero razionale, riflessivo, meditato anche se più lento. Tutte peculiarità riconducibili all’essenza del pensiero critico.
In sostanza, aveva riflettuto attentamente prima di formarsi un’opinione, evitando conclusioni e valutazioni affrettate e impulsive. Non si era accontentata di informazioni parziali, ma si era impegnata ad ampliarle, verificando per di più l’attendibilità delle fonti.
A questo proposito, di fronte all’insorgere di dubbi relativi alla veridicità di una informazione, era solita chiedere a sé stessa «Cosa ti fa pensare che sia proprio così?», o nei confronti di un interlocutore che le riferiva una notizia era solita domandare «Cosa te lo fa dire?». Ciò allo scopo di ricercare e valutare le ragioni di un accadimento.
Di fatto, Angela cercava costantemente di pensare in modo autonomo, indipendente e di non accettare semplicemente le informazioni, sollecitazioni, idee provenienti dal mondo esterno, soprattutto quando il dubbio faceva capolino.
Il suo desiderio di imparare, esplorare nuove idee e di mettere in discussione le ipotesi, la portava a leggere molti libri, uno dei modi più efficaci per sviluppare la propria cultura oltre che accrescere la capacità di analisi e di pensiero critico.
L’influenza della cultura sul pensiero critico
La cultura è intesa come l’insieme delle conoscenze, esperienze, valori e abilità che un individuo acquisisce nel corso della vita e ha un’influenza profonda sul pensiero critico, in quanto plasma il modo di pensare, agire e interagire con il mondo.
A questo proposito, Angela aveva la sensazione che negli ultimi anni, si fosse verificato un progressivo impoverimento culturale della società italiana e il conseguente sviluppo di una maggior inclinazione delle persone ad accettare passivamente le idee altrui o le opinioni diffuse.
In fondo, già nel 2008 il linguista Tullio De Mauro (*) aveva affermato che solo il 20% della popolazione italiana aveva una preparazione sufficiente per comprendere le comunicazioni scritte che una società complessa come la nostra proponeva ai suoi cittadini. E da allora, secondo Angela, la situazione non appariva certo migliorata.
«Se una persona non capisce bene quello che si dice e si scrive nel suo contesto di riferimento – meditava Angela tra sé e sé – come può essere in grado di sviluppare una capacità critica e contribuire così al miglioramento personale e a quello collettivo della comunità di appartenenza?».
Questa preoccupazione le si era accentuata con la lettura dei dati che il CENSIS (Centro Studi Investimenti Sociali) aveva elaborato e poi pubblicato nel Rapporto N. 58 dal titolo “La società italiana al 2024”, la cui sintesi presentava (a pagina 10) un capitolo con un titolo significativo: “La fabbrica degli ignoranti”.
Si era ancor più intensificata, a pochi giorni dal quadro impietoso fornito dal rapporto Censis sopra citato, con la lettura dell’indagine OCSE PIAAC (**) per l’anno 2023, nella quale si asseriva che le competenze di base degli italiani, riferite alla comprensione di un testo, all’abilità di calcolo e alla risoluzione dei problemi, mostravano punteggi molto inferiori alla media tra i 31 Paesi ed economie globali presi in considerazione.
Nella fattispecie, veniva sottolineato che molte persone in grado di leggere e scrivere,
avevano difficoltà grandi (se non addirittura insuperabili) nel comprendere, assimilare
o utilizzare le informazioni che acquisivano attraverso la lettura di testi, libri, giornali o di altri contenuti quali ad esempio le etichette dei prodotti alimentari, le istruzioni della banca, i dettagli del costo del pacchetto-vacanze, la composizione del tessuto degli abiti, il rendimento effettivo offerto da un investimento anche serio, le clausole del noleggio dell’auto, le regole del trasporto bagagli nei voli low-cost, e così via.
Di fatto, secondo il rapporto, esse riuscivano a comprendere solo testi brevi e chiari, con serie difficoltà nei collegamenti più complessi.
Da questi elaborati emergeva quindi un basso profilo della realtà culturale della nostra società al quale corrispondeva nel medesimo tempo un accrescimento dell’esposizione delle persone ai contenuti digitali, con una media di ore sempre più elevata dedicata ai social.
Era quindi evidente che stare connessi sempre di più non comportava di per sé un aumento automatico della conoscenza (una delle componenti della cultura) da parte delle persone e le statistiche che Angela aveva letto lo evidenziavano.
In conclusione, le venne da pensare che fosse proprio questo progressivo impoverimento sociale e cognitivo della società italiana una delle cause che avevano portato a un indebolimento della capacità critica delle persone e di conseguenza alla creazione di un terreno fertile per una maggior diffusione della disinformazione, vale a dire uno scambio di opinioni per fatti, meme per notizie e suggestioni per verità. In definitiva la sua amica Marisa non era altro che una delle moltissime vittime di questa situazione.
La pratica riflessiva
Sappiamo che il pensiero critico è una competenza trasversale primaria, da cui dipendono altre soft skill, come la creatività, la capacità di dialogo, di lavorare in gruppo, il senso etico, la responsabilità, la resilienza, ecc.
Un efficace processo di elaborazione del pensiero critico non può prescindere dalla capacità di riflettere. Questa capacità è fondamentale per apprendere dall’esperienza, guidare il cambiamento in modo intenzionale e agire con consapevolezza.
Essa include la capacità di fare e farsi domande, di analizzare informazioni oggettivamente, di valutare prospettive diverse e di mettere in discussione le proprie convinzioni e conoscenze.
Una componente fondamentale della pratica riflessiva è il dubbio.
L’esercizio del dubbio implica esplorare nuove prospettive e giungere a una comprensione più profonda della realtà. Non si tratta di coltivare un dubbio tormentante o ripetitivo (da confinarsi nell’area patologica), bensì un dubbio che promuova la creatività, l’autocontrollo e che spinga alla ricerca di prove e ragionamenti più solidi, favorendo così la crescita personale e decisioni più consapevoli.
Esso deve quindi intendersi come uno stimolo a valutare attentamente le informazioni, a non accettare acriticamente le affermazioni altrui e a rimanere aperti alla possibilità di cambiare opinione alla luce di nuovi dati o prospettive.
Questo approccio può rivelarsi particolarmente utile nella società attuale, dove le fake news, le deep fake e le teorie del complotto possono facilmente prendere piede e influenzare l’opinione pubblica.
Anche nel campo della leadership la pratica riflessiva è molto importante
La possiamo considerare un processo di autoriflessione continua e consapevole che i leader utilizzano per esaminare le proprie azioni, pensieri e convinzioni, al fine di migliorare il proprio operato e lo sviluppo professionale.
A riprova di ciò, nella letteratura e nella pratica manageriale il pensiero critico sta emergendo come una capacità chiave nelle competenze dei futuri manager, come pure quella di facilitare processi decisionali diffusi all’interno delle organizzazioni e di collaborare piuttosto che dirigere.
In un mondo lavorativo complesso, i leader che esercitano il pensiero critico vanno oltre la reazione e agiscono strategicamente, anticipando le sfide e prendendo decisioni informate a lungo termine, il che è essenziale per guidare team e organizzazioni.
I primi passi per sviluppare il pensiero critico
Il pensiero critico spesso inizia con una semplice domanda, “Perché?”
Era stato proprio questo l’approccio che aveva caratterizzato il comportamento di Angela alla notizia che l’amica Marisa le aveva trasmesso. Ecco i passi da lei effettuati:
- Per prima cosa si era chiesta il perché di quella notizia e che significato avesse l’informazione ricevuta, evitando così di accettarla in modo passivo.
- Aveva poi considerato l’affidabilità e l’obiettività delle fonti che in origine avevano emanato l’informazione. Si era fatta alcune domande: Chi aveva scritto il contenuto? Quale poteva essere lo scopo? C’era un conflitto di interesse?
- Aveva quindi riflettuto sulle sue idee, valutando le sue convinzioni e opinioni, vale a dire la loro origine e perché le riteneva valide.
- Infine ne aveva discusso con altri allo scopo di raccogliere altre informazioni, magari differenti dalle proprie opinioni, per espandere il suo punto di vista.
Di fatto, coltivare la curiosità, fare/farsi domande per cercare di capire il mondo con il quale si viene in contatto ed essere sinceramente interessati al suo miglioramento, sono elementi essenziali per migliorare la propria autonomia intellettuale e la capacità di risoluzione dei problemi.
Il punto cruciale dell’intero processo sta nell’obiettività dell’individuo: il pensatore critico, infatti, deve saper lasciare da parte i propri sentimenti, pregiudizi e interessi per arrivare a una conclusione che sia la più oggettiva e reale possibile, basandosi sui fatti e sul contesto.
Per sostenere questa condizione occorre una mente educata a farlo, che eserciti quindi discernimento, analisi e valutazione, contrastando la pigrizia mentale, i pregiudizi e il conformismo. Per questa ragione il pensiero critico va allenato ed esercitato nel tempo con continuità, allo scopo di sviluppare un approccio razionale e riflessivo alla vita per contribuire così alla realizzazione di una società davvero informata, attiva e democratica.
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(*) Tullio De Mauro (Torre Annunziata, 31 marzo 1932 – Roma, 5 gennaio 2017) è stato un linguista, lessicografo e saggista italiano, ministro della pubblica istruzione dal 2000 al 2001 nel governo Amato II.
(**) PIAAC: Programme for the International Assessment of Adult Competencies. Il Rapporto presenta i principali risultati del secondo ciclo dell’Indagine sulle competenze degli adulti. In particolare, l’indagine misura le capacità nella lettura e comprensione di testi scritti (dominio cognitivo della literacy), nell’usare informazioni matematiche (dominio cognitivo della numeracy) e nel risolvere problemi in situazioni dinamiche (dominio cognitivo del adaptive problem solving), permettendo così di comprendere la situazione del Paese specifico e fornendo gli strumenti necessari per identificare possibili interventi di politica pubblica volti a innalzare le competenze della sua popolazione adulta.
