Coaching Desk in un magazine di coaching. Per chi ha da sciogliere un dubbio, o vuole confrontarsi. Qui, se il coach tiene il segreto su quello che gli si dice, o se invece riferisce a chi lo paga, cioè l’azienda.
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Scrivo a CoachingZone
Sono un professionista aziendale. La HR mi ha proposto di farmi affiancare da un coach per 6-8 puntate, nel quadro di un ampliamento di ruolo che dovrebbe arrivare a breve. Il tema sarebbe il superamento di un mio punto di debolezza: pianificare e fissare obiettivi.
Prescindiamo per ora dal fatto se io sono d’accordo, perché in ogni caso penso che avere un coach a disposizione sarà un vantaggio, una marcia in più.
Quello che voglio sapere è se il coach va a riferire ai miei capi e alla HR quello che io racconto, dubbi, errori, tentativi. Perché se è così, voglio fare attenzione a quello che dico.
Gentile professionista,
grazie per la tua domanda, che tocca un tema cruciale, quello della riservatezza nel rapporto professionale fra coach e coachee.
Infatti siamo abituati che -nel rapporto fra avvocato e cliente, fra medico e paziente, fra confessore e credente- la riservatezza o segreto professionale è un obbligo sia deontologico sia normativo.
Nel rapporto di coaching la risposta è meno netta, ed ecco perché:
- se il coach appartiene ad una associazione professionale autorevole, come ICF o EMCC per esempio, ha accettato di aderire al codice deontologico di questa associazione, codice che include la riservatezza sul modello delle professioni p.es. di medico e di avvocato. Il mancato rispetto del codice può comportare l’espulsione dall’associazione
- sul coaching si sta gradualmente esprimendo l’UNI, ovvero l’Ente Italiano di Normazione. Attraverso la norma 11601 ha definito requisiti e criteri di qualità per il servizio di coaching, che includono deontologia professionale e relativa riservatezza
- il coaching non è una professione legalmente riconosciuta e normata in Italia al pari, sempre p.es, di quelle di medico e avvocato, quindi non esiste un vincolo giuridico
- purtroppo non sempre chi esercita come coach ha seguito un percorso professionalizzante di valore, e non sempre è membro di una associazione professionale
- come prassi generale, un’impresa dotata di una buona funzione HR sceglie di avvalersi di coach qualificati, che operano nel rispetto della normativa UNI e aderiscono ad associazioni professionali riconosciute; ed è quindi consapevole che il coach manterrà il segreto professionale con chiunque, ovvero capi, HR, esterni.
In sintesi: secondo noi puoi fidarti del coach che ti daranno, e prima di iniziare potrai legittimamente chiedere di essere informato sulle sue qualifiche professionali e sul codice deontologico a cui aderisce.
Ma se per caso ti rimangono dei dubbi… è meglio che non inizi nemmeno, e chiedi invece di partecipare a un buon corso di formazione, o qualche altro strumento di crescita. Perché se manca la fiducia, manca il pilastro fondamentale.
Ci fai sapere cosa decidi?
