A prima vista c’è solo il colloquio di persona, per fare coaching, mentoring, counseling. La relazione faccia a faccia, a due, per motivare, attivare, convincere, ascoltare. Per consolidare la relazione, suggerire, spingere a fare. Coach e coachee uno davanti all’altro con in mezzo una scrivania, oppure fianco a fianco davanti a un amichevole tavolino con due tazze di caffè e un piattino di biscotti. Nell’ufficio del coachee o nello studio del coach o in una saletta riservata per l’occasione in un posto di coworking. Con un computer o un blocco per appunti dove fissare qualche idea, l’orologio che definisce la misura del colloquio stesso.

Ovvero c’è l’idea che l’unica risorsa sia il colloquio, e non a caso anche il fee professionale e la previsione di durata del percorso si basano sul numero di incontri, e quasi tutta la formazione al coaching è centrata sulla gestione del colloquio in presenza.

Invece possiamo usare anche:

  • Skype/Facetime: un colloquio a distanza ha il vantaggio di economizzare sul tempo degli spostamenti, di potersi fare anche in orari strani, purché concordati, e di annullare la distanza e la scomodità dello spostamento;
  • e.mail e chat: fra un colloquio e il successivo, il coach per inviare incoraggiamenti e mantenere alta la tensione, e il coachee chiedere un consiglio specifico a fronte di un’occasione critica;
  • esercizi, che il coach può prescrivere perché il coachee iniziare a fare propria una nuova modalità di comportamento; funziona come un allenamento nello sport, far ripetere un gesto o un movimento finché diventa un automatismo;
  • brani di letteratura, da far leggere al coachee per stimolare un processo di associazioni di idee o mostrargli altri punti di vista, sfruttando il potere evocativo della narrativa di qualità;
  • film, al cinema o da scaricare, dove il coachee possa utilizzare la carica emotiva del film stesso per fare un salto, per vedere finalmente con gli occhi di un altro, per ridere di una situazione, per ricontestualizzare quello che vive lui;
  • immagini, da sottoporre al coachee per fargli scegliere quella che assomiglia di più al suo problema o al suo obiettivo, e ragionare con lui su quelle che ha scelto e che ha scartato; oppure immagini singole scelte per stimolare l’associazione di idee (cfr trattenere e lasciare andare, in questo sito)
  • osservazione diretta del coachee alle prese con il suo problema: per esempio in riunione con i suoi collaboratori, sul campo da tennis al momento di servire, nel corso di una negoziazione o mentre fa shopping; ovvero quando a detta del coachee si presenta il tema per il quale ha chiesto aiuto. Il coach  potrà fornirgli indicazioni operative se è competente, e comunque fargli da rispecchiamento, aiutando il coachee nel suo processo di maieutica.
  • report scritti del coachee sulla storia del percorso di coaching, per fargli prendere coscienza dei passi avanti che sta facendo, accrescere la motivazione e consolidare l’apprendimento
  • feedback del capo, nel caso di un coaching manageriale o sportivo voluto e pagato  dall’impresa: se la prestazione attesa migliora, gli altri lo vedono! e se non migliora, questo feedback è prezioso per cambiare rotta;
  • alleanza con altro coachee/collega, per avere un feedback esterno sui progressi e per condividere l’eventuale fatica del percorso
  • ricerca di un mentore, all’interno dell’organizzazione o nella cerchia delle relazioni personali: qualcuno che sia più esperto, più anziano nel ruolo o nella competenza, e possa quindi fare da guida
  • scelta della location dove incontrarsi: non solo ufficio, non solo studio professionale, ma anche davanti a un’opera d’arte che sia portatrice di un messaggio significativo per il coaching, in un giardino dove la crescita delle piante o la disposizione degli arredi possano favorire associazioni di idee utili, davanti a un negozio che rappresenta un modo innovativo di gestire un business tradizionale e quindi può offrire spunti interessanti, ecc.
  • scelta dei tempi, accelerando o rallentando la cadenza degli incontri in modo funzionale all’apprendimento, invece che con una sequenza standardizzata
  • team coaching, lavorando sul gruppo e non solo sui singoli individui, come avviene negli sport di squadra, nei gruppi di progetto, con una squadra di venditori o di top managers.

 

Volete mettervi alla prova? Quanto ne sapete di coaching?

Di Cristina Volpi

Coach accreditata ICF e EMCC, Founder del magazine CoachingZone, Master di II livello in coaching e comunicazione Strategica. Ha operato per imprese multinazionali e familiari e not-for-profit, in Italia e in svariati paesi Europei, in USA, in Brasile, in India, lavorando con Pirelli, Studio Ambrosetti, Butera & Partners e come libera professionista; attualmente è volontaria con Sodalitas. Ha pubblicato “Leader, storie vere ed inventate di imperatori, manager e capi” Ed. Il Fenicottero; “C’era una volta il capo” Ed. Fendac; “Bilanci e Veleni” e “Banditi in Azienda” Ed. Guerini; “Sconcerto Globale” con Favero, Ziarelli Ed. Apogeo; “No Smoking Company” con Favero, Ziarelli, Ruggeri, Ed. Kowalski.