Siamo ad un tavolo di mediazione. In una cornice, quindi, istituzionale. Dove due persone stanno discutendo animatamente per una questione di provvigioni legate ad una compravendita immobiliare.

All’inizio dell’incontro, onestamente con un po’ di fatica, cerco di comprendere le ragioni delle singole parti coinvolte, perché apparentemente tutto è andato come doveva andare: la signora in rosso -intenzionata a vendere una casa- conferiva l’incarico al signor venditore, il quale conduceva nei tempi stabiliti le varie trattative e trovava, nel termine assegnato, un acquirente finale.

E questo, in realtà  è ciò che avvenne…

 

Fu inevitabile, pertanto, chiedersi per quale ragione mettere in dubbio il lavoro svolto e accendere, di conseguenza, la miccia di un conflitto: su quello che doveva essere il pacifico riconoscimento delle provvigioni legittimamente dovute al venditore.

Ecco, la svolta. Su questo punto, la vera differenza l’ha  fatta il coaching, la filosofia del life coaching applicata ad una situazione di conflitto. Non tanto che cosa si può fare, ma piuttosto che cosa è opportuno fare.

 

pugnale

Senza entrare nel tecnicismo e nella procedura della mediazione con gli strumenti del coaching ho potuto illustrare alle singole parti ciò che realmente stava creando una pericolosa distanza tra loro ossia una sorta di corto circuito della comunicazione e delle intenzioni.

Ognuna delle due persone ha potuto evolvere in quel conflitto:

  • la signora venditrice perché ha imparato ad esprimere i suoi bisogni e i suoi obiettivi. Che erano più ricchi del semplice desiderio di vendere una casa: voleva essere informata delle varie trattative, capire come si stava muovendo il venditore e comprendere come si stava avvicinando alla meta della vendita. Il silenzio del venditore “mi ha fatta sentire messa in disparte, una non persona un mezzo per arrivare ad un guadagno” e questo, sul piano personale, è stata una grande sofferenza per lei.
  • il venditore, dal canto suo, ha potuto comprendere che pur lavorando bene e portando a compimento il suo mandato, da quel giorno avrebbe potuto lavorare ancora meglio. Prendendo in considerazione una prospettiva del tutto trascurata ed irrilevante per lui: informare, anche senza una specifica richiesta, il venditore delle varie trattative e renderlo partecipe dell’avvicinamento dell’obiettivo finale.

 

Tutto questo è stato conflict coaching: permettere alle persone di affrontare una situazione di apparente scontro in realtà ricca di grandi opportunità di evoluzione personale.

Di Gabriele Salvini

Giurista d’impresa e Mediatore dei conflitti da oltre 15 anni, con passione e determinazione affianca le persone e i team nel gestire e trasformare le situazioni conflittuali in opportunità di evoluzione personale grazie agli strumenti del life coaching.