Una donna che ritorna al lavoro dopo il periodo di maternità deve affrontare nuove problematiche, in una fase personale della vita molto delicata. Alcune aziende hanno capito la particolarità di questa nuova esigenza affrontandola con strumenti adeguati. E i risultati sono evidenti, oltre che utilissimi!

 

Una scelta obbligata per molte mamme. 

Secondo i dati pubblicati dalla Relazione del 2017 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, delle quasi 40 mila dimissioni registrate nel 2016, almeno 3 su 4 ha riguardato le mamme lavoratrici. Nella metà dei casi (circa 15.000 donne), le ragioni delle dimissioni sono chiaramente riconducibili all’incompatibilità tra il lavoro ed il proprio ruolo di madre.

In poche parole, le mamme lasciano il lavoro per accudire i loro figli.

In questi casi, dove le donne non riescono a conciliare gli impegni tra il lavoro e la famiglia, si genera un danno che è: per la mamma che perde il lavoro; per il nucleo famigliare che perde una quota di reddito; per l’azienda che perde personale, e quindi anche donne qualificate.

 

Secondo quest’ottica, anche il punto di vista dell’azienda non delinea scenari positivi. Una donna che si dimette per scegliere tra la propria famiglia e il proprio lavoro, infatti, per l’impresa significa:

  • perdere gli investimenti formativi fatti sulla persona;
  • affrontare costi non previsti per la ricerca di una nuova risorsa;
  • sostenere costi organizzativi per portare la nuova risorsa al livello di competenza della persona che si è dimessa;
  • accettare, dal punto di vista organizzativo, che può avere un impatto motivazionale negativo sul resto della popolazione femminile in azienda.

 

Le potenzialità del Coaching in azienda

Le risposte dell’impresa per risolvere questo fenomeno che depaupera il valore del proprio capitale umano, possono essere molte. Tra queste, sempre più spazio trova il coaching. Questa metodologia di sviluppo del personale ha maturato sempre maggior successo grazie alla sua efficacia nello sviluppo delle competenze e nel raggiungimento degli obiettivi professionali.

 

Il percorso di coaching aiuta la risorsa al suo rientro nella trasformazione delle proprie competenze in obiettivi concreti legati al re-inserimento. Inoltre, la aiuta nella definizione dei piani d’azione che le permettono di raggiungerli. Ad ogni sessione, la riflessione sulle azioni esercitate, sui risultati e su eventuali fallimenti permette di individuare le aree di miglioramento. E’ importante consolidare la consapevolezza dei propri punti di forza sui quali costruire possibilità alternative.

 

Il coaching ha la capacità di responsabilizzare tutti gli attori coinvolti nel processo: il capo della risorsa nel creare le condizioni migliori per la collaboratrice al rientro, la neo-mamma nel darsi degli obiettivi specifici e perseguirli con impegno.

 

Proporre un percorso di coaching ad una persona al rientro della maternità, o a qualsiasi lavoratore dopo un’assenza prolungata, consente di raggiungere importanti risultati:

  • migliora il grado di condivisione e comprensione delle reciproche aspettative tra la risorsa, il Responsabile della struttura che ri-accoglie la persona e l’azienda nel suo complesso;
  • consente alla risorsa di definire con il proprio coach degli obiettivi puntuali nel proprio percorso di rientro. Questo percorso valorizza i risultati ottenuti e definisce le strategie per gli obiettivi che ancora non si sono raggiunti;
  • permette alla persona di riconoscere i propri punti di forza (la genitorialità come fattore di acquisizione di competenze professionali). E di approfondire quindi le proprie aree di miglioramento.

 

I contenuti di un percorso di Coaching post maternità

  • le aree maggiormente affrontate nei percorsi di coaching per neo mamme sono:
  • la conciliazione tra gli impegni genitoriali e gli obiettivi professionali;
  • la gestione delle proprie aspettative e di quelle del capo rispetto al re-inserimento;
  • la rimodulazione delle proprie attività lavorative rispetto alle condizioni mutate;
  • lo sviluppo delle capacità legate al distance working.

 

Le sessioni: quante devono essere e quanto durano

Nel percorso di coaching dedicato ai rientri dopo un’assenza prolungata, il capo ha un ruolo attivo nella condivisione degli obiettivi di rientro, e nell’assicurare le condizioni di rientro funzionali al re-inserimento della risorsa.

Il numero di sessioni di lavoro può variare da 5 a 12. Questo numero non è un vincolo rigido, ma va inteso come numero massimo di sessioni entro il quale il percorso sarà concluso. La durata di una sessione può variare da 1 e 2 ore. L’intervallo tra una sessione e l’altra è di 15-20 giorni (2 sessioni al mese).

 

Un’azienda che mette in atto policy a favore della genitorialità, e che consente alle proprie risorse di fruire di servizi come il coaching al rientro da un’assenza prolungata, avrà dipendenti con un alto livello di engagement e loyalty. E questo non esclusivamente da parte di chi fruisce di tali servizi, ma anche da parte di tutti gli altri che sanno che potranno goderne. In un contesto di mercato dove tutti sono d’accordo che il fattore umano è il principale vantaggio competitivo di un’azienda, se non si vuole che questo concetto si riduca a uno sterile slogan, è fondamentale investire nelle persone. L’engagement e la loyalty che ne deriveranno daranno un ritorno sull’investimento molto più alto di quanto si possa immaginare.

Di Patrick Forestieri

Da 20 anni lavora nella gestione e sviluppo delle persone nelle organizzazioni come consulente e manager in contesti ad alta complessità. Da 10 anni è Founder e CEO di Noema HR, realtà consulenziale italiana leader nell’offerta di servizi dedicati alla valorizzazione del capitale umano nelle aziende. Founder del Winning Women Institute, primo istituto di certificazione sull’equità di genere. Esperto di organizzazione aziendale e di processi di Change Management. Executive Coach con 10 anni di esperienza. Facilitatore certificato LEGO®SERIOUS PLAY®.