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L’obiettivo può essere di qualsiasi tipo, cioè life o professionale, di orientamento o sportivo, grande o piccolo, ecc.
Farsi un self coaching invece di ricorrere a un professionista può essere una scelta di libertà, a volte come percorso completo, a volte come completamento del lavoro iniziato con un coach. L’approccio si basa su un metodo, su esercizi, su una meta da conseguire, sulla voglia di mettersi in gioco, sulla tenacia davanti agli ostacoli.
La caratteristica -ovvero la differenza rispetto al coaching classico– è che occorre dotarsi da sé del metodo e degli strumenti, ovvero essere sia la fonte dello stimolo di riflessione sia colui che riflette in base allo stimolo, sia colui che propone un esercizio sia colui che lo mette in pratica. E non è facilissimo…
Il vantaggio consiste nella libertà di mescolare metodi e approcci, nel non dipendere dalla qualità della relazione con il coach o dalla sua disponibilità, nel dosare liberamente il tempo, nel risparmio economico, nel gusto della sfida, e naturalmente nella soddisfazione di farcela da soli.
Il possibile svantaggio è quello di tutti i fai-da-te, ovvero l’eventualità di dilungarsi su dettagli trascurabili, di scoprire strada facendo che manca qualche pezzo (in questo caso, esercizi ad hoc), di faticare a uscire da un vicolo cieco.
Adesso vediamo in dettaglio come funziona.
Che cos’è e come metterlo in pratica
E’ fondamentalmente analogo a un coaching basato sul rapporto coach-coachee: ovvero è un percorso dove il primo step è la determinazione di un obiettivo, ne elenco alcuni come esempio: “scegliere fra A e B”, “parlare efficacemente del mio lavoro a un pubblico di sconosciuti”, “riuscire a motivare anche quei due collaboratori che finora non mi seguono”, “trovare un’attività fisica che mi soddisfi”, “diventare più assertivo in famiglia”, ecc.
Il secondo step è dotarsi di un diario in cui registrare tutto. Un buon trucco è viverlo come un regalo che ci si fa, quindi se è un quaderno avrà una copertina interessante, una carta particolare, se è un file sul tablet avrà un’impaginazione stuzzicante, se scegliete la sequenza di selfie-video optate per un’ambientazione evocativa. In modo da sottolineare che questo self coaching è un regalo che vi fate, un dono prezioso, che merita tempo e attenzione.
Terzo step: adesso che avete un obiettivo e un supporto su cui segnare che cosa succede, occorre darsi un metodo -o anche un mix di metodi- e predisporre un piano.
La scelta del metodo dipende molto dalla sensibilità personale, e gli stessi coach fanno riferimento a scuole diverse: con impostazioni che vanno da olistico a settoriale, con un maggiore o minore ricorso alla concettualizzazione, con una segmentazione degli obiettivi in senso cronologico oppure a ritroso, con esercizi affini oppure divergenti rispetto all’obiettivo.
Un consiglio? Documentatevi sulle varie scuole, e scegliete quella o quelle che sentite più vicine a voi, spaziando anche al di fuori dell’Italia. Per esempio, il mondo anglosassone propone approcci prevalentemente pratici, esercizi anche brevissimi.
Il piano dipende dal metodo, ma nessun metodo prescinde dalla predisposizione di un piano, per quanto creativi possano essere l’approccio o gli esercizi. La sua funzione è fare da guida, e quindi contiene un’indicazione dei tempi finale e intermedi, delle risorse disponibili e di quelle da reperire, di momenti di verifica anche esterna, di eventuali premi da auto-assegnarsi.
Come traccia-base si potrebbe usare la scansione in incontri con il coach del coaching classico, quindi un numero di verifiche con se stessi che va da 6 a 10 per uno specifico obiettivo, e intervalli di tempo da 1 a 3 settimane in cui collocare gli esercizi.
Tecniche e strumenti di self coaching
Ce ne sono tantissimi, e ne potete trovare quanti volete nella sezione tools di questo magazine. Vale la pena di dosarli, ovvero di utilizzarne uno alla volta e lasciarsi il tempo di riflettere sull’esperienza, capire che cosa ci dice di noi il modo in cui ci siamo trovati nel farlo e viverlo. Perché, come ben sappiamo, non è dall’esperienza che si apprende, ma dall’esperienza sommata alla riflessione critica.
Ecco un possibile elenco:
- Test diagnostici, di personalità e di abilità
- Feedback di persone di cui ci si fida
- Metafore come stimolo o supporto per la ristrutturazione
- Analisi delle soluzioni adottate in passato
- Identificazione di uno o più role-models
- Mappe mentali
- Esercizi di visualizzazione
- Esercizi pratici per allenare l’abilità che si vuole sviluppare
- Esercizi per sperimentare le opzioni di scelta
- Tecnica della domanda del miracolo (Steve de Shazer)
- Tecnica dello scalatore (scuola strategica)
- Simulazioni
- Best practices
- Controllo degli stati d’avanzamento
Corso di self coaching o altri supporti
Per essere sicuri di seguire un percorso valido, di utilizzare un metodo che tiene, di non essere o troppo indulgenti con se stessi oppure al contrario troppo esigenti, vale la pena di dotarsi di qualche supporto. Ovvero una guida alla scelta dei test e degli esercizi, alla quantificazione degli sforzi, alla scansione temporale delle attività. Per esempio
– manuali di self coaching, da utilizzare come un ricettario
– blog che vi seguano passo passo e vi diano qualche idea in più
– abbonamento a un servizio di mailing con funzione motivazionale e di fare il punto sui traguardi già raggiunti
– un corso, anche on-line, che vi dia le basi e magari vi metta in contatto con altri che stanno intraprendendo lo stesso viaggio
– EMDR o meglio un suo adattamento
– ripercorrere i sogni, niente in comune con la psicanalisi
– qualche romanzo del genere di formazione, dove l’eroe o l’eroina evolvono da uno stadio a un altro, imparano dagli errori e trovano la propria strada.
Autostima e altre skills necessarie
Per terminare: non bastano un libro e qualche test, più un metodo magari sperimentato da chi ci è già passato. Sarebbe bello e pratico, ma non è così. Nel self coaching, come in qualsiasi percorso che si decida di intraprendere da soli, al pari di un viaggio in una terra sconosciuta, la differenza la fanno alcune caratteristiche personali:
- Tenacia, per non perdersi d’animo e mantenere la rotta anche quando sembra di non fare progressi
- Focus sul risultato e fiducia nel suo conseguimento
- Autostima, che è contemporaneamente un requisito e qualcosa che si sta migliorando (come il fiato di chi si allena alla corsa: se non si ha è inutile cominciare, ma con l’allenamento lo si incrementa)
- Curiosità e voglia di mettersi in gioco, accettando che non si tratta solo di acquisire una capacità in più, ma di modificare qualcosa di sé.