Prospettiva aziendale, ovvero dove stiamo andando con il business, con quali attese di redditività, di crescita, di immagine. Prospettiva professionale, ovvero che ruolo ha la funzione in cui siamo inseriti, che sia IT o commerciale, quali progetti e quali sfide abbiamo davanti, dove vale la pena di guardare. Prospettiva personale, di crescita, di mantenimento del posto di lavoro, di soddisfazione e visibilità personale.

Eppure spesso è difficile darla, questa prospettiva, alle persone che ci circondano. La crisi. La complessità. I riferimenti che mancano anche a me. Forse comprano l’azienda, e allora che succederà? I giochi della politica, chi può prevederli?

Tutto vero. Ma l’esigenza di chiarire il contesto e il senso, cioè di dare prospettiva a chi fa capo a noi, rimane intatta. Anzi, cresce.

Lo stesso problema che hanno avuto gli architetti di Galeazzo Maria Sforza, a Milano, verso la fine del XV secolo, dovendo edificare una chiesa con tutte le sue giuste prospettive, dalla navata fino al coro dietro l’altare, in uno spazio urbano che non lo consentiva affatto. Detta semplice: lo spazio non c’era. Ma se non ci sono gli elementi dovuti, non abbiamo una chiesa, semmai una cappella di ruolo minore. E invece il duca voleva una chiesa vera e propria, e di abbattere le case per fare più spazio, neanche parlarne. Come risolvere il dilemma?

Provate a visitarla. C’è ancora, all’inizio di via Torino venendo dal Duomo, si chiama S. Maria presso S. Satiro. Entrate, e godetevi la prospettiva, quella della foto qui sopra, che fa respirare appieno l’atmosfera di percorso verso una meta -in questo caso la redenzione eterna- costruito dalla processione di colonne e dall’ampio spazio dietro l’altare.

Solo che lo spazio dietro l’altare è profondo 90 cm., misurare per credere. L’ampio coro, la bella cupola sono un trompe-l’oeil, un’invenzione pittorica geniale. La pianta reale della chiesa è questa. Dopo il transetto, cioè l’asse perpendicolare alla navata principale davanti all’altare, non c’è niente, non c’è un’ulteriore profondità. Però ce n’è la riproduzione, che salva l’immagine complessiva e addirittura la funzione di questo luogo di culto. Una metafora di ciò che dovrebbe essere. Allora come capo, come responsabile di uomini e del disegno strategico, sorgono queste domande:

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  • di quale prospettiva hanno bisogno i miei, per lavorare ed essere efficaci?
  • sono capace di dargliela? hanno una buona percezione del senso e del contesto?
  • in caso negativo, che cosa mi manca, per riuscire a fornirla?
  • che cosa devo attivare, dentro e fuori di me, per fornirla o renderla più ampia e più credibile, più capace di mobilitare le energie?

Per completare la storia: questa prospettiva è un’invenzione di Donato Bramante, grande architetto, ed è uno dei primi trompe-l’oeil della storia dell’arte occidentale.

Di Cristina Volpi

Coach accreditata ICF e EMCC, Founder del magazine CoachingZone, Master di II livello in coaching e comunicazione Strategica. Ha operato per imprese multinazionali e familiari e not-for-profit, in Italia e in svariati paesi Europei, in USA, in Brasile, in India, lavorando con Pirelli, Studio Ambrosetti, Butera & Partners e come libera professionista; attualmente è volontaria con Sodalitas. Ha pubblicato “Leader, storie vere ed inventate di imperatori, manager e capi” Ed. Il Fenicottero; “C’era una volta il capo” Ed. Fendac; “Bilanci e Veleni” e “Banditi in Azienda” Ed. Guerini; “Sconcerto Globale” con Favero, Ziarelli Ed. Apogeo; “No Smoking Company” con Favero, Ziarelli, Ruggeri, Ed. Kowalski.