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La base per la sopravvivenza e la crescita. Il posizionamento del confine fra persona ed ambiente definisce i contorni dell’identità e della visione del mondo, mentre l’energia che lo attraversa struttura le modalità della relazione. La consapevolezza del corretto posizionamento e dell’adeguata regolazione del confine sono le fondamenta di ogni competenza relazionale.

 

Il campo organismo/ambiente

Ognuno vive all’interno di un contesto fisico e sociale, a cui è unito e contemporaneamente diviso da una immaginaria linea o superficie o spazio di confine, attraversato da un flusso continuo di informazioni, materia ed energia (I. Prigogine, teoria dei sistemi viventi, aperti e dissipativi).

Le informazioni sono i mattoni costitutivi e gli aggiornamenti delle mappe mentali della situazione presente -organismo, ambiente e confine- necessarie all’azione efficace per l’ottenimento dell’energia e del nutrimento necessari alla sopravvivenza, alla crescita e al superamento di sé. Fin dai suoi inizi, e già nelle forme più primordiali, la vita è intelligenza (Maturana e Varela).

Le fluttuazioni del campo operano su una sua descrizione stabile e mediana: la personalità come fenomeno intersoggettivo, il rapporto soggetto/oggetto, la relazione identità/visione del mondo, le interazioni usuali al confine di contatto.

Quando i contorni del confine, e quindi le stesse definizioni di identità e visione del mondo, di qua e di là da esso, sono evanescenti, confuse ed incerte, oppure rigide e iper-selettive, l’orientamento e l’azione nel campo risultano limitate e problematiche.

 

Di qua e di là dal confine

La corretta definizione del confine, la sua flessibilità al variare della situazione, l’orientamento e l’intensità dell’energia che lo attraversa, sono parametri critici per l’acquisizione ed il miglioramento di ogni competenza relazionale e il raggiungimento di obiettivi significativi, e perciò sono un necessario fuoco di attenzione in ogni percorso di crescita personale e sviluppo professionale, coaching incluso.

  • Una consapevole e attuale mappa di sé (ciò che è all’interno del confine) è indispensabile per comprendere i bisogni e le motivazioni, per riferirsi a valori solidi nei momenti di incertezza, per riconoscere vocazione e passione, risorse talenti e potenzialità, distinguere e valorizzare i punti di forza rispetto alle competenze critiche da allenare ed implementare.
  • Viceversa, una mappa accurata e aggiornata dell’altro e dell’ambiente (ciò che è all’esterno del confine) è necessaria per comprenderne i vissuti e le idee, definire le caratteristiche e necessità del contesto o dell’organizzazione, analizzare le competenze chiave del ruolo e dell’attività, i concreti obiettivi, gli ostacoli, le risorse del campo, le possibilità concrete di interazione.

 

Ridefinizione e ristrutturazione

La definizione di ciò che è all’interno (identità) e ciò che è all’esterno del confine (mondo) è la prima sfida della consapevolezza. Sono le due parti del campo percettivo ed esistenziale, soggettivamente definito, ma il confine fra loro -e conseguentemente l’esattezza degli specifici contenuti- può essere arbitrario ed incoerente. Ad esempio, a proposito dell’identità, una regola od un valore di riferimento, assunta a suo tempo dall’ambiente per osmosi familiare o culturale (introiezione), può rivelarsi incongruente nell’insieme del proprio codice morale, o controproducente per il benessere della persona e dell’ambiente, per la definizione di obiettivi realmente coinvolgenti, per il successo nella vita; e per tale motivo deve essere rielaborata o definitivamente espulsa oltre il confine dell’identità e restituita all’ambiente.

Viceversa, la percezione dell’altro e la visione del mondo possono essere distorti e deviati da pregiudizi e schemi costruiti sulle vecchie esperienze  e forzosamente adattati alla situazione contingente (proiezioni), ma essere per nulla adeguati a descriverla e comprenderla nella sua essenza e pienezza, per cui diventa necessario il ritiro dello schema dall’oggetto al soggetto, dall’esterno all’interno del confine, e una sua opportuna ristrutturazione.

 

Attraverso il confine

Anche nel passaggio al movimento e all’azione, la consapevolezza e la gestione del confine assumono estrema importanza perché, particolarmente in ambito sociale e nella costruzione e gestione dei rapporti di solidarietà e di collaborazione, può decidere il successo od il fallimento.

Quale è l’impatto del livello di energia che attraversa il confine sull’interlocutore o sui compagni di squadra, l’effetto del tono e della forza (assertività) o debolezza (retroflessione) della voce, dei gesti e delle parole?  Quale tipo di relazione si sta implicitamente proponendo come veicolo dei contenuti? Alleanza, sottomissione, dominanza? Cosa genera nell’altro il mio atteggiamento? Apertura, difesa, reattività? E viceversa con quale atteggiamento, ricettività e permeabilità di confine io accolgo la comunicazione altrui?

La gestione del flusso di energia attraverso il confine, collegata strettamente alla consapevolezza emotiva e alla gestione delle emozioni, diventa dunque il fondamentale centro di attenzione per il fondamento e l’equilibrio della relazione, la gestione e la mediazione dei conflitti, l’intenzionalità e la costruzione dell’incontro.

 

Cambiamenti al confine

Ciò che segnala l’adeguatezza o la necessità di ridefinizione del posizionamento o della permeabilità del confine è una percezione estetica di buona o cattiva forma, una sensazione di armonia o al contrario di inquietudine e disagio, che accompagna il cattivo adattamento degli schemi cognitivi e comportamentali alla situazione presente; un segnale che qualcosa di rilevante nella situazione corrente ci sfugge o non si armonizza con il nostro tentativo di comprenderla e di agire efficacemente in essa. Occorre allora tornare ai sensi, sospendere e mettere in discussione i vecchi schemi, destrutturarli, cercare creativamente nuovi collegamenti, finché una nuova comprensione, una rigenerata costellazione figura/sfondo non emerge con tutta la forza dirompente e la commozione del’insight.

 

Il confine nella relazione di coaching

La consapevolezza dei confini, dei contenuti identitari e della visione del mondo, dei processi di interruzione del contatto (confluenza, introiezione, proiezione, deflessione, dominanza, retroflessione) sono evidentemente competenze relazionali di base, su cui ogni altra competenza deve poggiare, nonché parametri di riferimento nel progredire dell’allenamento di coaching.

Il coach deve fare molta attenzione a che i medesimi disturbi del confine, presenti nella realtà vissuta propria e del coachee, con i relativi impliciti rapporti di confusione e di dominanza, non compaiano come processi paralleli all’interno della stessa relazione di coaching, inficiandola pesantemente. Se, paradossalmente, fossero però portati a consapevolezza, potrebbero diventare essi stessi utilissimo materiale di apprendimento e crescita.

Queste le domande da farsi in ogni momento dell’incontro: i valori emergenti, le idee sulla situazione, le decisioni finali appartengono a chi? Di chi è la responsabilità della scelta e dell’azione, e chi decide inalienabilmente della propria vita? Quanto la relazione è paritaria, basata su domande disinteressate anziché su consigli, manipolazioni o imperativi nascosti? Solo dalla consapevolezza della relazione, possono provenire la responsabilità, la scelta e la vera crescita.

 

Conclusioni

Il campo psicologico (inter)soggettivo, dove soggetto ed oggetto sono separati da un confine di definizione ed interazione, è costruito a partire dall’esperienza  e con la funzione di guidarci attraverso l’esperienza. Esso ci permette di incontrare il mondo ma può essere il muro che ce ne separa. Di fronte alla mancanza di una buona forma  nella comprensione e nell’azione, a segnali di disaccordo fra mappa e territorio, il confine fra le due parti del campo deve essere ridefinito, riprendendo ciò che è nostro, restituendo ciò che appartiene all’altro, dosando l’energia e l’azione che lo attraversano, verso l’orizzonte intenzionale e responsabile dell’incontro, del confronto oppure dello scontro. Dalla consapevolezza del campo, l’efficacia dell’azione.

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Note bibliografiche

  • Ilya Prigogine, Le strutture dissipative. Autorganizzazione dei sistemi dinamici di non equilibrio, Ed. Sansoni, 1982
  • Humberto Maturana, Francisco Varela, Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente, Ed. Marsilio, 1985
  • D. Jackson, J. Beavin, P. Watzlawick, Pragmatica della comunicazione umana, Ed. Astrolabio, 1971
  • Kurt Koffka, Principi di Psicologia della Forma, Ed. Boringhieri, 1970
  • Frans Meulmeester, Changing is standing still. A Gestalt perspective on organisations, Ed. BNB, 2013

Di Franco Gnudi

Franco Gnudi è fondatore e Direttore della Scuola Gestalt Coaching di Torino. Si è laureato in Ingegneria Meccanica, ha approfondito la propria formazione manageriale presso la SDA Bocconi, ha lavorato per diversi anni in grandi aziende italiane (ENI, Pirelli, Ariston). Ha conseguito la laurea in Psicologia Clinica e la Formazione in Psicoterapia della Gestalt, un approccio fortemente esperienziale e dialogico alla crescita personale. Il desiderio di integrare le conoscenze e le competenze acquisite, lo ha portato più recentemente allo studio del Life, Business Coaching e Organizational Consulting attraverso il Master in Gestalt delle Organizzazioni (SGT, Torino) e il Master in Business ed Executive Coaching (SCOA, Milano), con i quali ha potuto conseguire le certificazioni internazionali di EAGT-Gestalt Practitioner in Organisations e WABC Certified Business Coach. Collabora come Consulente, Formatore e Business Coach con varie aziende del settore pubblico e privato.