Appare sempre più evidente come il videogiocare stia diventando, specie negli ultimi anni, un’attività tra le preferite della maggior parte di bambini, ragazzi e giovani adulti, senza distinzioni culturali, di genere o di età.

Sicuramente sono innumerevoli i casi in cui il videogame porta con sé conseguenze negative come l’abuso del computer, se non addirittura drammatiche. Per citarne alcune, si possono riscontrare un aumento dell’aggressività, un comportamento di dipendenza, come anche la chiusura solipsistica in un mondo fittizio, dove tutto appare lecito.

È indubbio, però, che in tanti altri casi il videogioco possa costituire una risorsa, dall’inserimento in ambito scolastico con dichiarato intento educativo, a software specifici impiegati in casi di dislessia e discalculia, fino a modi impensati, come mostrano i seguenti articoli tratti dal Corriere della Sera:

 

VIDEOGIOCHI PER IMPARARE A MANGIAR SANO

Se ben studiati e utilizzati i videogames possono aiutare i bambini a scegliere i cibi giusti.  Dei videogiochi ci siamo abituati a sentir parlar male, il più delle volte. Invece in alcuni casi possono perfino rivelarsi preziosi alleati per insegnare a bambini e ragazzi le regole del mangiar sano: lo dimostra una ricerca pubblicata sugli Archives of Pediatrics and Adolescent Medicine da un gruppo di ricercatori della Georgetown University. […]«Sono bastati appena dieci minuti di “esposizione” a un gioco che in qualche modo premia scelte alimentari corrette per vedere un risultato – dicono gli autori […] 

 

DUE ORE DI VIDEOGIOCHI PER L’OCCHIO PIGRO

A un bimbo sono state prescritte due ore quotidiane di gioco con le più diffuse consolle. E la cura funziona.  Il piccolo Ben, un bimbo inglese, rischiava di perdere completamente la vista dal suo occhio sinistro […] Il dottor Ken Nischal del Great Ormond Street Children’s Hospital di Londra, ha «prescritto» al piccolo Ben almeno due ore al giorno di videogiochi su una delle due più diffuse consolle portatili della Nintendo: il DS e il Gameboy, ma con l’occhio ‘buono’ bendato.  Ben, incurante di una vistosa benda blu con disegni spaziali, gioca con il suo gemello Jake a «Super Mario Kart», un gioco di guida ambientato nello stravagante mondo dell’idraulico, mascotte di Nintendo. Secondo Maxine, madre del piccolo, grazie a una sola settimana di cura la capacità visiva di Ben sarebbe aumentata del 250 per cento […] 

 

Tradizionalmente i videogiochi sono stati considerati in grado di amplificare le prestazioni e le competenze dell’individuo a livello iconico e simbolico. Tuttavia, grazie all’introduzione della grafica 3D, il videogame appare ora in grado di bucare lo schermo, riuscendo ad agire anche sul sistema esecutivo. È proprio questa caratteristica che lo porterebbe ad essere definito come amplificatore globale, che può essere impiegato negli ambiti più svariati: dall’istruzione scolastica, alla formazione professionale, alla riabilitazione.

Gli studi che si sono occupati di analizzare gli effetti positivi del videogaming, sono molteplici e mettono in luce differenti aspetti, tra i quali i principali paiono essere l‘implemento delle competenze narrative, cognitive e relazionali. Vediamo in dettaglio.

 

Gli psicologi cognitivisti hanno suggerito che la narrazione è la forma nella quale le persone organizzano l’esperienza: essa guida non solo la memoria, ma anche l’esperienza di ciò che è accaduto e di ciò che potrebbe accadere in futuro, fungendo da specchio per i valori, le interpretazioni e le idee del narratore e dell’ascoltatore. Le storie, quindi, svolgono un ruolo chiave nei seguenti compiti: facilitano la risoluzione dei problemi cognitivi, aiutano a dare un significato emotivo al mondo, svolgono una funzione di raffreddamento delle emozioni intense, consentono di ottenere padronanza e controllo sull’esperienza raccontata e sul racconto stesso, permettono di lavorare indirettamente sui problemi della vita (specchiati nella vita dei personaggi delle storie, riflettono l’appartenenza ad una specifica cultura e presentano se stessi agli altri). Negli anni, i videogiochi si sono evoluti a tal punto da poter essere considerati delle fiabe. Nel momento in cui nei videogiochi sono comparsi dei personaggi è subentrata la necessità di motivare tale comparsa: il modo più semplice è stato quello di presentarli sotto forma di storie, nelle quali i giocatori non si trovano semplicemente davanti allo schermo, ma dall’altra parte, dentro, immersi nella vicenda che stanno raccontando a se stessi.

 

Inoltre videogiochi moderni richiedono al giocatore di mettere in atto -e quindi migliorare- un’ampia serie di abilità cognitive:

  • Potenziamento della capacità senso motoria e spaziale: la complessità degli ambienti multimediali porti ad un miglioramento delle capacità senso motorie e spaziali, in particolare della vista.
  • Potenziamento delle abilità percettive: nell’utilizzo del gioco è richiesto all’utente di mettere in atto competenze cognitive di comprensione della relazione figura-sfondo, di interpretare in 3D  immagini presentate in 2D e di intuirne i movimenti.
  • Potenziamento delle strategie di problem solving: le sfide che il videogioco presenta al ragazzo possono essere considerate un esempio di risoluzione di problemi e propone un feedback immediato favorendo la pianificazione, la suddivisione del problema in componenti, l’organizzazione delle azioni in sequenze, l’uso di strategie alternative e la verifica del compito.
  • Potenziamento delle abilità meta-cognitive: il videogioco stimola a formulare in modo chiaro le proprie intenzioni e a monitorare l’esito delle scelte effettuate, verificando in modo esplicito l’esito delle azioni.

 

Infine, recenti ricerche hanno messo in luce che i ‘giocatori abituali’ posseggono competenze sociali più sviluppate rispetto ai ‘non abituali’, in quanto utilizzerebbero il videogioco come momento di aggregazione. I videogiochi, quindi, in taluni casi stimolano la socialità, e  hanno maggiori probabilità di ‘generare’ un ragazzo socialmente attento che avrà maggiori rapporti significativi.

Senza titolo

Vale quindi la pena che anche il mondo del coaching si apra all’uso dei videogames, proponendoli in modo mirato ai coachee -anche adulti, per sviluppare le loro abilità. E più ancora per permettere loro di esplorare in modo protetto territori in cui non si sono ancora addentrati, dove le regole di comportamento sociale sono diverse da quelle abituali.

Di Chiara Altamura e Arianna Gianotti

Chiara Altamura, Arianna Gianotti, psicologhe, psicodiagnoste e psicoterapeute sitemico-relazionali e della famiglia. Si occupano di coaching sistemico, sostegno all’individuo, potenziamento e massimizzazione delle risorse personali con particolare attenzione a chi si trova in una fase di cambiamento della propria vita (orientamento scolastico e inserimento professionale) oppure in una condizione di fragilità (disabilità, disoccupazione). Lavorano come psicoterapeute in contesto clinico privato e in collaborazione con Enti pubblici della Lombardia, a livello individuale, di coppia, della famiglia e di gruppi. Propongono percorsi formativi in aziende e istituti scolastici e da diversi anni collaborano con il C.I.P.M. (Centro Italiano per la Promozione della Mediazione). psicologia.informazioni@gmail.com