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In questi giorni (fine ottobre 2020) siamo tutti, chi più, chi meno, saltati sulla sedia leggendo i numeri della pandemia. I dati (il numero di contagiati, ma soprattutto i ricoverati in reparti ordinari e di terapia intensiva, e i decessi) crescono con incrementi giornalieri che non potevamo nemmeno immaginare solo qualche settimana prima. Siamo allarmati, e sorpresi. Come è possibile che curve che si snodano placidamente per settimane,  improvvisamente  si impennino in questo modo?

È la crescita esponenziale, bellezza! direbbero epidemiologi, biologi, demografi o fisici nucleari. Si tratta della modalità propria di evoluzione di fenomeni diversi tra loro come le popolazioni, le reazioni di fissione nucleare o, per l’appunto le epidemie, quando non vengano controllate o limitate.

Di cosa parliamo? Provate a seguire questo esempio.

Nel parco del vostro quartiere hanno appena creato un piccolo laghetto, con tanto di anatre regolamentari, sulla cui superficie galleggia una ninfea. Il giardiniere vi confida che questa specie è particolarmente prolifica; ogni giorno, infatti, il numero di ninfee raddoppia. Incuriositi, tornate ogni sera, dopo il lavoro, a verificare di persona il progresso; e, in effetti, il giorno dopo ne trovate due, il successivo quattro, e poi ancora otto, sedici, e così via.

Il trentesimo giorno, tutta la superficie è occupata da ninfee. La domanda è: dopo quanti giorni le piante copriranno metà del laghetto? Se rispondete come la maggior parte di noi, direte: dopo quindici giorni, all’incirca. Ma sbagliate, e di grosso. Poiché le ninfee raddoppiano di numero  ogni giorno, il laghetto sarà mezzo pieno soltanto il 29° giorno. Fino a poche ore prima, le anatre avevano spazio per sguazzare in libertà. Ma è già troppo tardi per agire  se volete evitare che vengano sfrattate del loro territorio.

La risposta giusta (29 giorni) descrive la matematica della crescita esponenziale.

Diversamente dalla crescita lineare, in cui ad ogni intervallo di tempo il valore si incrementa della stessa quantità  (+100, +100, +100, ecc.), dando origine a una curva dall’aspetto rettilineo (quindi sempre con la stessa pendenza), la crescita esponenziale procede per incrementi sempre maggiori  (+100, +200, +400, ecc.). La curva che ne risulta ha un aspetto caratteristico, in cui la pendenza diventa sempre più forte man mano che ci allontaniamo dal punto di partenza. Un modo più evocativo, rispetto a numeri e grafici, per percepire l’accelerazione implicita in questo andamento è il tempo di raddoppio, cioè l’intervallo di tempo che deve trascorrere, a partire da un determinato istante, prima che il valore venga raddoppiato. In una crescita strettamente esponenziale, questo tempo è uguale in qualsiasi punto della curva. Nel nostro laghetto il tempo di raddoppio è una giornata sia all’inizio (da 1 a 2) che, ad esempio, al giorno 5 (da 16 a 32). Se la crescita fosse stata lineare (1, 2, 3, 4, 5…) il tempo di raddoppio sarebbe stato di una giornata all’inizio (da 1 a 2), di due giorni il giorno successivo (da 2 a 4), di 15 giorni il giorno 15 (da 15 a 30). Vale la pena di ricordare che, per un conto in banca, un tempo di raddoppio breve è altamente desiderabile. Per il numero di nuovi contagi in una pandemia, minore è il tempo di raddoppio, maggiore il disastro. Al momento in cui scriviamo, il tempo di raddoppio dei principali indicatori del Covid-19 in Italia si aggira intorno alla settimana. Se nulla cambiasse, potreste agevolmente fare i conti dei numeri da aspettarsi nei prossimi tempi.

La nostra risposta intuitiva (e sbagliata) al problema delle ninfee ci dice invece molto sulla nostra psicologia della percezione della variazione.

Si dà il caso, infatti, che la nostra attrezzatura cognitiva abbia seri problemi a trattare con fenomeni che procedono non linearmente.  Per la precisione, abbiamo un’insopprimibile tendenza a interpretare intuitivamente la maggior parte delle situazioni di crescita come lineari.  Con la conseguenza che finiamo con il sottostimare gravemente le velocità di crescita quando i fenomeni sottostanti sono, invece, esponenziali.  Non ci aiuta certo il fatto che, nella nostra vita quotidiana, siamo raramente esposti a fenomeni ripetitivi  (e quindi più facilmente incorporabili nella nostra esperienza) di tipo esponenziale. Spesso, poi, quando si verificano, i tempi di raddoppio sono troppo lunghi per accorgercene mentre ci siamo immersi; è più facile che ce ne rendiamo conto solo osservandoli in retrospettiva. Infine, la crescita esponenziale può essere percepita, all’inizio, come lenta e incrementale, salvo sorprenderci quando più tardi, “improvvisamente”, diventa rapida e insostenibile.

Siamo tutti soggetti a questa illusione? Pare di sì.  Anche coloro che per studi o professione sono ben consapevoli dei meccanismi sottostanti, sono non di meno vittime dell’impressione di linearità. Fa parte dei bias, cioè delle illusioni cognitive che avvolgono tutti noi. È dunque pressoché universale, anche se può variare in intensità da un individuo all’altro. Inoltre, l’illusione è sistematica: tutti sottovalutiamo, e non sopravvalutiamo, la rapidità della crescita. Universalità  e sistematicità,  insieme all’inconsapevolezza di essere soggetti a tali meccanismi, sono le caratteristiche dei bias cognitivi,  distorsioni del giudizio e del comportamento razionale a cui, in quanto umani, siamo tutti esposti. E infatti, l’illusione di cui parliamo ha un nome tutto suo: “Exponential Growth Bias”, per gli amici EGB.

Che l’EGB sia insidioso, lo dimostra la storia del nostro rapporto personale con il Covid-19. Quando, all’inizio del 2020, l’epidemia si è diffusa in Cina abbiamo sperimentato la sorpresa della sua diffusione attraverso i mezzi di informazione. (Per inciso, in molti abbiamo pensato che quanto accadeva non ci avrebbe coinvolti: si tratta di un altro bias, la cosiddetta overconfidence,  che ci fa sentire immuni dalle disgrazie, o dalle deficienze, degli altri). Poi è toccato a noi. Un periodo di crescita apparentemente moderata, quindi la triste sorpresa, l’emergenza e il lock-down. Lezione, a quanto pare, trascurata da numerosi altri Paesi che ci hanno seguito a ruota con colpevole ritardo. Dopo un’estate più tranquilla, non ci siamo fatti troppo scomporre da quei Paesi che, questa volta, ci anticipavano di qualche settimana: la nostra crescita progrediva lemme lemme. Oggi, “improvvisamente”, sorpresa e panico. E, questa volta, non possiamo dare troppe responsabilità all’overconfidence: ciò che sperimentiamo oggi l’abbiamo vissuto non troppi mesi fa; e, soprattutto, sulla nostra pelle. La forza dei bias è che, anche quando ne abbiamo sperimentato il meccanismo, facciamo fatica a non ricaderci.

Nel caso del Covid-19, un ulteriore fattore contribuisce a mascherare la percezione di ciò che sta accadendo. Nelle Teorie dei Sistemi, è noto come delay, o lag: si tratta dell’intervallo  temporale tra il momento in cui un evento si verifica e quello in cui viene percepito; o tra l’istante in cui un’azione viene messa in atto e il momento in cui gli effetti dell’azione si dispiegano.

Come in molte dinamiche esponenziali, alcuni degli indicatori sulla cui base vengono decise le azioni correttive seguono a distanza di giorni, o settimane, l’evento sottostante. I ricoveri, ad esempio, sono successivi necessariamente al periodo di incubazione del virus (da 2 a 12 giorni); i decessi a loro volta possono essere gli esiti di contagi avvenuti settimane, o addirittura mesi prima. Fotografano una realtà che è già avvenuta tempo fa. È come guidare una macchina guardando solo nello specchietto retrovisore.

Simmetricamente, ogni misura di contenimento presa si rifletterà sugli indicatori soltanto a distanza di tempo, rendendo così impossibile un feed-back  immediato dell’efficacia delle decisioni prese.

Se sommiamo tra loro questi fattori, ci spieghiamo perché nel 2007 (l’anno dell’aviaria) Michael O. Leavitt, allora Segretario del Dipartimento della Salute USA, affermava:

“Qualunque cosa facciamo prima  di una pandemia sembrerà allarmista. Qualunque cosa facciamo dopola pandemia, sembrerà inadeguato”.

Sarebbe interessante domandarsi se l’exponential growth bias abbia giocato qualche ruolo nelle decisioni politiche e organizzative che sono state prese durante questa pandemia. Forse ne sapremo di più quando tutto sarà finito.

Nel frattempo, diversi team stanno cercando di capire se ci sono connessioni tra l’EGB e l’atteggiamento delle persone rispetto alla pandemia. Una survey delle Università di Brema e Colonia, ad esempio, sottolinea che il bias è prevalente nella comprensione della gravità della diffusione del virus; e che la conseguente sottostima dei tassi di crescita sembra correlata all’atteggiamento rispetto alle attività di prevenzione. In altre parole, più forte è l’impatto dell’EGB, meno realistiche sono le stime della diffusione, e minore è la disponibilità al distanziamento e alle altre raccomandazioni ufficiali.

Attendiamo conferme. Nel dubbio, non sarebbe una pessima idea provare a spiegare (comunicazione istituzionale e media in testa) cosa è davvero  questa crescita esponenziale, e perché non riusciamo a farcene una ragione. Piccoli sforzi, in tempi di Covid, potrebbero avere effetti inaspettati.

Photo by Antonia Felipe

Di Augusto Carena

Augusto Carena, ingegnere nucleare, si occupa di Simulazioni di Business, Systems Thinking, Decision Making complesso, e bias cognitivi nelle organizzazioni. Su questi temi svolge da trent’anni attività di formazione manageriale in Italia e all’estero. Con Giulio Sapelli lavora sulle culture d’impresa in progetti di etnografia organizzativa. Ha pubblicato con Antonio Mastrogiorgio La trappola del comandante (2012), sui bias nelle organizzazioni, e Dialoghi Inattuali. Sull’Etica