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La pandemia che abbiamo dovuto affrontare in questi anni ha senz’altro compromesso gli equilibri relazionali tra le persone.

Pensiamo per esempio ai tre compiti vitali, lavoro, socialità e vita personale: come abbiamo dovuto gestirli per adattarci al meglio in questa emergenza sanitaria globale?

Non sono stati anni facili e probabilmente questa situazione improvvisa e inaspettata ci costringerà a riconsiderare la definizione di normalità: gli equilibri sono stati ampiamente stressati e ci troviamo ad affrontare sempre più spesso situazioni di forte contrasto e ambiguità.

Pensiamo, per esempio alla gestione degli aspetti che riguardano la salute: svariate normative che -anche se cercano di disciplinare i comportamenti- probabilmente ad oggi creano invece solo reazioni avverse sempre più oppositive.

Stiamo diventando sempre più refrattari alle norme e all’autorevolezza. Spesso, a causa di questi atteggiamenti scomposti e disorganizzati, si genera sempre più ostilità e paura sia nella sfera lavorativa che in quella personale e sociale.

 

La crisi di relazione e le sue cause

La crisi probabilmente non è solo determinata dal virus che ne limita gli aspetti di prossimità, ma, dal mio punto di vista, la causa va rintracciata soprattutto attraverso la modalità con cui oggi si creano le relazioni.

Questa amplificazione mediatica che nel quotidiano influenza scelte e atteggiamenti in modo spesso latente e non consapevole, ci porta a preferire il confronto con uno smartphone piuttosto che con le persone: ad oggi il bisogno sociale è completamente compensato da quello digitale.

Si confondono e si fondono continuamente questi ambienti, generando diffidenza, ostilità e ambiguità.

 

Ripensare le relazioni

E’ necessario provare a ripensare ad una ri-creazione sociale:

  • vivere le relazioni non solo come strumento per,
  • ma riconoscerne il valore intrinseco al di là dell’aspetto utilitaristico.

Prendersi, per esempio, le giuste pause sociali, e ricostruire il cosiddetto tessuto sociale così fortemente stressato e nevrotizzato. E ricreare la comunità, non solo come definizione collettiva, ma come esperienza reale da vivere in modo quotidiano.

Insomma ci deve essere e deve essere percepito un valore aggiunto nel riappropriarsi e nel vivere effettivamente la sfera relazionale. Invece che governarla da un continuo e invadente altrove.

 

Forse questa situazione così critica e difficile, che ha determinato morte, sofferenza e perdita anche del proprio finalismo causale, in parte può essere reinventata come la scoperta di nuovi modi di sviluppo di valore sociale: l’aver mischiato i diversi ambienti potrebbe generare rapporti di aggregazione non solo per prossimità, ma anche attraverso l’espansione dei confini personali.

 

Smartworking e coworking

Un esempio sono lo smartworking e il coworking, strumenti che, se disciplinati e utilizzati in modo tale da non enfatizzare il solo uso per interesse personale, ma anche per ravvivare anche i legami tra le persone attive in diversi contesti, può essere una leva per uscire dalla routine delle dinamiche precostruite e può determinarne anche di nuove.

Paradossalmente potrebbe spingerci a generare più legami eterogenei e differenziati piuttosto che spingerci invece a chiuderci in ambienti autoprotetti e limitati.

 

3 modalità di gestione delle reti relazionali

A proposito di questo tema, Marissa King, analista comportamentale americana, in uno studio recente, ha categorizzato 3 modalità di gestione delle proprie reti relazionali in base ad alcune caratteristiche personali, definendo così coloro che sono aggregatori, intermediari ed espansionisti:

  • gli aggregatori sono coloro che creano spontaneamente legami tra gli appartenenti alla propria cerchia sociale integrandola,
  • gli intermediari sono coloro che accentrano le relazioni e creano contesti segmentati,
  • gli espansionisti sono coloro che creano legami in contesti sempre diversi.

Chissà che attraverso questa promiscuità di ambienti, contesti e compiti vitali in futuro questa esperienza non ci aiuti anche ad uscire dall’abitudine dei nostri stili di relazione. Determinando degli spazi di crescita e cambiamento in cui la socialità non sia sempre depauperata e svilita, ma possa essere rivitalizzata e gestita con intelligenza emotiva.

Speriamo che in un futuro prossimo sarà questa la caratteristica che potremo maggiormente condividere ed enfatizzare, sostituendo invece gli atteggiamenti tossici di coartazione del sé o ostentata esibizione.

 

FONTI:

Barrett L.F, 7 Lezioni e ½ sul cervello, il Saggiatore

King M., Chimica Sociale, 2021 Egea Bocconi

 

photo by Sticker Mule

 

Di Sara Di Giamberardino

Psicologa psicoterapeuta adleriana, lavora presso ATM di Milano dal 2005 nella Direzione Formazione Selezione Sviluppo e Organizzazione. Si occupa in particolare di progettare ed erogare interventi di formazione relazionale/ manageriale e di selezione delle figure professionali ricercate per i diversi ruoli aziendali. Collabora come volontaria con Dimensione Animale di Rho.