Il coaching, il counseling, la terapia, sono luoghi preziosi di potenziamento e cura, che utilizzano molto spesso la parola come strumento principale di comunicazione e cambiamento.

Le parole sono importanti. “Le parole sono azioni”, come ci ha insegnato Wittgenstein.

Cosa cambia quando siamo sui social network? Cosa diventano le nostre parole? E che tipo di comunicazione riescono a veicolare? E si può davvero parlare di comunicazione 2.0?

 

La riflessione potrebbe sembrare ridicola o quanto meno banale.

Il social network è fatto per comunicare. Non c’è altro da dire.

Io invece penso che sia possibile riflettere su questo binomio che sembra così immediato e naturale. Proprio per questo, a mio parere, sufficientemente insidioso per non meritare un po’ di attenzione. Proviamo a capire perché.

 

La comunicazione umana è un fenomeno complesso e trasversale. Non è un fatto della parola, una semplice funzione del cervello, un prodotto dell’apparato fonetico. Non è del corpo. Non è della mente. Non è della intenzione comunicativa.

E’ invece il prodotto simultaneo di questi tre elementi imprescindibilmente connessi eppure, in ciascuno di noi, quasi sempre interrotti.

Se riuscissimo a pensare, a sentire e a comunicare la stessa identica cosa, saremmo già notevolmente evoluti come comunicatori. Se riuscissimo a veicolare lo stesso messaggio (pensato, sentito e agito con le parole) non solo con il linguaggio verbale ma anche con quello non verbale, che è fatto di corpo, di gesti, di odori e suoni e colori, potremmo addirittura correre il rischio di produrre una comunicazione, organica, coerente, congruente. Indiscutibilmente efficace.

 

Cosa accade sui social?

Due fenomeni a mio parere non trascurabili:

  1. Non è possibile comunicare in modo organico; pertanto siamo esposti oltremodo al rischio di una comunicazione non efficace.
  2. È estremamente difficile agire, anziché reagire allo scambio comunicativo; pertanto siamo facili attori di escalation.  Nella maggior parte dei casi non volute né preventivate.

Il primo punto è facilmente comprensibile. Il grande assente delle nostre comunicazione via etere è il nostro corpo; unica fonte delle nostre comunicazioni non verbali e, perdonate se è poco, unico vero strumento della nostra esistenza. Il nostro essere corporeo, è fino ad evidenza contraria, la sola certezza che ci dà la dimensione della nostra esistenza e della esistenza degli altri.

Una comunicazione senza corpo è una comunicazione monca. Spezzata. Incoerente e proprio per questo facilmente fraintendibile. Senza corpo, potrebbe essere molto complesso sentirsi esistenti.

Agire con consapevolezza non è reagire. Questo può sembrare semplice.

Agire significa avere il tempo di leggere uno stimolo di qualsivoglia natura e concedersi il tempo per organizzare una risposta efficace che vada nella direzione del proprio obiettivo personale e che non reagisca rispondendo agli obiettivi… di chi? Portandoci dove? E secondo quali regole?

Per agire è necessario leggere un sistema nella sua complessità, altrimenti il nostro sarà un reagire senza consapevolezza, al seguito di rapidi click. Ricordiamo in questa sede che la velocità non è una caratteristica che struttura il nostro cervello, che invece è un organo lento; sistemico, ma lento.

Proviamo a contare qual è il numero di azioni che compiamo sui social network ogni giorno e qual è il numero delle reazioni. Ci renderemo conto, solo facendolo, che anche questa differenza -apparentemente semplice- è significativa.

Il social network tende ad implementare la reazione, che è inconsapevole, spesso fallace e senza dubbio incongruente. Troppo rapido il nostro esistere solo con la mente, che non percepisce nel mondo on line, nessuno stimolo sensoriale nessun segnale di allarme, nessuna paura, nessuna emozione.

Comunicare diviene quindi un parlarsi addosso, senza pause, senza corpi. Come dire che si è giocato ugualmente a pallone, anche se comodamente seduti su un divano muovendo dei semplici cursori.

E il comunicare potrebbe così rischiare di trasformarsi in un paradosso.

Di Lucia Ivona

Trainer, counsellor e Coach, specializzata in Consapevolezza Mindful, biosistemica e teatroterapia. Attualmente vive e lavora e Milano; svolge attività di consulenza e libera professione in ambito terapeutico per la relazione di aiuto e in ambito professionale per lo sviluppo e il potenziamento delle capacità individuali attraverso percorsi di coaching personale e professionale rivolto a singoli e gruppi.